Wagner, Mendelssohn e Beethoven • Barenboim
- Lorenzo Giovati
- 21 ago
- Tempo di lettura: 3 min
Salisburgo, Großer Festspielhaus. 15 Agosto 2025
Il 15 agosto a Salisburgo è ormai una data che si lega a due tradizioni complementari: al mattino il concerto del maestro Riccardo Muti alla guida dei Wiener Philharmoniker, alla sera quello del maestro Daniel Barenboim con la sua West-Eastern Divan Orchestra. Così, esattamente come un anno fa, la Großer Festspielhaus ha accolto l’ensemble fondato nel 1999 con Edward Said e da allora simbolo dei valori del dialogo e della convivenza. La formazione, che riunisce giovani musicisti provenienti da paesi del Medio Oriente storicamente divisi da conflitti, porta infatti sul palco, non soltanto un progetto artistico, ma anche un’istanza culturale e politica che trova nel linguaggio musicale la sua forma più naturale.
Il programma si è aperto con il Siegfried-Idyll di Richard Wagner, pagina che nasce come dono intimo e privato e che conserva ancora oggi un’aura di delicatezza domestica, pur trasportata nel contesto di una grande sala da concerto. Il maestro Barenboim ha saputo coglierne il carattere più lirico e disteso, scegliendo tempi lenti e respiranti, quasi a voler lasciare che la melodia si evolvesse senza fretta. Il gesto è stato morbido e controllato, capace di tenere unito l’ensemble anche nei passaggi più trasparenti, e la resa complessiva ha restituito la sensazione di un discorso musicale pacato, ma non incolore, intimo, ma non dimesso. L’orchestra, guidata con grande attenzione al dettaglio, ha messo in mostra un suono levigato e compatto, con archi morbidi e un controllo dinamico sempre preciso.
È poi salito sul palco il pianista Lang Lang per eseguire il Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra di Felix Mendelssohn, lavoro giovanile che conserva una freschezza e un virtuosismo brillanti, senza tuttavia rinunciare a scorci di intima cantabilità. Qui il pianista ha messo in evidenza, non soltanto la sua consueta precisione tecnica, ma anche una grande cura del colore e delle dinamiche. Ogni frase è stata disegnata con eleganza, senza alcun concessione al puro virtuosismo. L’Adagio ha avuto una qualità lirica intensa, quasi cameristica, mentre il terzo movimento ha trovato in Lang Lang un interprete scintillante, capace di agilità nitide e brillanti. Accanto a lui il maestro Barenboim ha garantito un sostegno orchestrale presente e attentissimo, evitando qualsiasi squilibrio e mantenendo il suono sempre vivo, pieno di energia e di accenti chiari. L’equilibrio fra solista e orchestra non è mai venuto meno, anzi ha trovato proprio nella complementarità tra la libertà del pianoforte e la solidità dell’accompagnamento uno dei momenti più convincenti della serata.
Come bis, Lang Lang ha scelto un brano dalle sembianze di valzer, affrontato con leggerezza elegante e con un tocco che ne ha fatto emergere le sfumature eleganti.
Dopo l’intervallo, la seconda parte del concerto ha proposto la Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore “Eroica” di Ludwig van Beethoven. Il maestro Barenboim ha scelto di affrontarla, scandendo tempi complessivamente dilatati, ma sempre sorretti da una chiara idea strutturale: non una lentezza fine a sé stessa, bensì il desiderio di scavare nelle pieghe della partitura per renderne percepibili i molteplici strati. La sua lettura non si è limitata alla linearità orizzontale del discorso musicale, ma ha lavorato anche in profondità, costruendo un tessuto sonoro verticale in cui ogni voce era udibile e riconoscibile. Il secondo movimento, la celebre Marcia funebre, ha realizzato un equilibrio difficile tra il tono elegiaco e la monumentalità, con un passo grave, ma sempre eloquente, mai appesantito. Nel terzo movimento, lo Scherzo, si è apprezzata la vitalità ritmica e la leggerezza degli attacchi, mentre il Finale ha dispiegato tutta la forza di una costruzione progressiva, emotivamente carica e saldamente architettata.
Fondamentale in questa lettura è stata la prova della West-Eastern Divan Orchestra, che ha risposto con coesione e con brillantezza. Gli archi hanno mostrato un suono avvolgente, ampio e compatto, capace di sostenere con calore le linee melodiche principali. I fiati si sono distinti per precisione e per pulizia, senza avere mai sbavature, mentre gli ottoni e le percussioni hanno contribuito a creare un impasto squillante e luminoso, conferendo alla resa orchestrale un profilo radioso e pieno. Ne è derivata una qualità sonora che ha esaltato la luminosità dell’Eroica, restituendone tanto l’energia propulsiva, quanto la tensione ideale.
La serata si è conclusa quindi con un concerto di altissimo livello, in cui il maestro Barenboim ha mostrato ancora una volta la sua capacità di unire profondità interpretativa e rigore formale, sostenuto da un’orchestra che ha suonato con grande partecipazione.




















