Schumann e Mahler • Jarvi
- Lorenzo Giovati
- 6 ore fa
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Vienna, Musikverein. 21 Novembre 2025.
Vienna continua a essere la capitale della musica classica internazionale, un luogo dove i più grandi interpreti del panorama mondiale si ritrovano per dare vita a stagioni di rara intensità artistica. Il Musikverein, cuore pulsante di questa vita musicale, propone ogni anno una stagione che intreccia la programmazione dei Wiener Philharmoniker con un’impressionante serie diesibizioni di orchestre ospiti. Tra queste ha spiccato l’arrivo della Tonhalle-Orchester di Zurigo, impegnata in due serate consecutive, sotto la guida del loro direttore musicale Paavo Järvi, presenza oggi tra le più autorevoli e riconoscibili nel panorama direttoriale internazionale.
La prima parte del concerto inaugurale è stata dedicata al Concerto per violoncello e orchestra di Robert Schumann, pagina in tre sezioni collegate senza soluzione di continuità, la cui liricità malinconica richiede un solista capace di fondersi con l’orchestra,senza perdere carisma. In questo, la violoncellista Sol Gabetta ha offerto un esempio di equilibrio tra virtuosismo e intensità espressiva: tecnica limpidissima, emissione rotonda in ogni registro e controllo totale della partitura.
Il maestro Järvi, dal podio, ha costruito intorno a lei un accompagnamento attentissimo ai dettagli timbrici, curato nelle proporzioni e soprattutto nobilitato da un gesto nitidissimo, sempre leggibile e mai sovraccarico. La sua idea di Schumann predilige una classicità estrema: niente esasperazioni dinamiche, ma una linea elegante, dove i piani e i forti emergono come naturali conseguenze della scrittura. Ne è risultata una lettura stilisticamente pulita, solida, che ha permesso alla musica di mantenere la sua tensione interna senza fratture.
Il bis della Gabetta, un brano concertato con l’intera sezione dei violoncelli, ha suggellato la prima parte con un momento leggero e poetico.
La seconda parte del concerto è stata invece interamente dedicata alla Sinfonia n. 1 di Mahler, tassello del progetto che vede il maestro Järvi e la Tonhalle-Orchester impegnati nell’incisione integrale del ciclo sinfonico. Un percorso che il direttore aveva già affrontato anni fa con la Frankfurt Symphony, ma che oggi sembra essere approdata ad una maturità diversa.
L’attacco del primo movimento è emerso con una sospensione misteriosa, molto calibrata, in cui il maestro Järvi ha lasciato respirare gli archi, cesellando gli interventi dei legni con una chiara articolazione e poi, man mano che il discorso si apriva ha guidato l’orchestra attraverso un gioco di ombre e di slanci perfettamente integrato nella logica della partitura. Le sue scelte agogiche, mai scontate, hanno dato vita a episodi di grande presa emotiva, in particolare nelle accelerazioni del finale, in cui la costruzione dell’arco drammatico è risultata molto incisiva. Il secondo movimento ha brillato per equilibrio: la danza è statasostenuta da un peso sonoro degli archi scuri calibrato con precisione, mentre la sezione centrale, più distesa, ha trovato una morbidezza di frase e un’eleganza di portamento che raramente si ha la fortuna di ascoltare.
La marcia funebre del terzo movimento, trattata con un tempo meditato, ma mai pesante, ha mostrato una cura minuziosa per il dettaglio: dinamiche scolpite, contrasti netti, ma non caricati, un fraseggio degli archi che è riuscito a restare terso anche nei momenti più convulsi della pagina. Il quarto movimento è infine esploso con impeto immediato. Il maestro Järvi ha spinto l’orchestra a una tensione continua, mantenendo tempi rapidi e un’energia che non ha conosciutotregua. Eppure, dentro questa travolgente corsa, non si è persa mai la lucidità del gesto: gli scatti agogici sono stati governati con assoluta sicurezza, i crescendo costruiti con rigore architettonico, gli squarci lirici lasciati fiorire, senza smarrire la direzione generale. Il finale, monumentale e travolgente, ha suggellato una lettura tesa, controllata ed efficacissima.
Le medesime idee interpretative, questa alternanza calibrata tra tensione, lucidità e impeto, si erano già intraviste nella conclusione del Festival di Verbier. Là, tuttavia, il maestro Järvi non era riuscito a svilupparle appieno con l’orchestra del Festival. A Vienna, invece, tutto ha trovato una forma compiuta, grazie a una Tonhalle-Orchester capace di rispondere con precisione e prontezza a ogni scelta del direttore.
La Tonhalle-Orchester ha confermato una qualità tecnica impressionante: fiati dall’intonazione impeccabile, con corni di rara compattezza e splendore; percussioni potenti; archi vellutati, coesi, capaci di modellare la frase con naturalezza e flessibilità. Una compagine che il maestro Järvi guida con autorevolezza, valorizzando ogni sezione e ottenendo una gamma dinamica amplissima.
Un trionfo meritatissimo, accolto da un entusiasmo destinato a ripetersi anche nella serata successiva.













