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Recital Romano

  • Lorenzo Giovati
  • 6 giorni fa
  • Tempo di lettura: 3 min

Firenze, Teatro del Maggio. 23 Novembre 2025.

La domenica del 23 novembre scorso al Teatro del Maggio è stata illuminata da un recital imperdibile di Marco Filippo Romano, centrato sul repertorio buffo italiano e culminato nel geniale Maestro di Cappella di Domenico Cimarosa.


Il programma si è aperto con la Sinfonia del Barbiere di Siviglia, ben condotta da Christopher Franklin, con uno stile frizzante e lineare, sull’onda del quale l’orchestra del Maggio ha brillato per precisione e coesione, soprattutto negli archi. Il maestro Franklin ha puntato su un Rossini agile, brillante ed elegante.


La prima aria, “A un dottor della mia sorte”, ha segnato immediatamente la cifra del recital: Marco Filippo Romano padroneggia il repertorio buffo come pochi cantanti oggi saprebbero fare meglio. Non è solo un baritono dal mezzo agile, timbrato e sicuro nell'emissione, ma è anche un artista che scolpisce ogni sillaba, dosa i tempi comici, crea personaggi vivi, con inflessioni, accenti e sfumature sempre calibrate. Il riferimento spontaneo è alla grande tradizione italiana del secondo Novecento, quella che ha espresso maestri del calibro di Sesto Bruscantini e di Enzo Dara, veri esempi del fraseggio, capaci di risolvere il canto buffo sempre e soltanto il soluzioni musicali, non in gesti, in inflessioni declamate o in portamenti caricaturali. Romano ne ravviva l'eredità musicale, riportando sul palco quello spirito di ironia intelligente del canto, in cui, per l’appunto l'ironia nasce dalla musica, non dalla caricatura.


Il concerto è proseguito poi con “Per piacere alla signora” da Il turco in Italia, aria in cui il maestro Franklin ha saputo accompagnare splendidamente il gioco teatrale. L’aria ha mostrato tutto il controllo di Romano sulla parola cantata, agile nel modellarne ritmo e accenti. Nel dialogo con il soprano Aloisia de Nardis, giovane allieva dell’Accademia del Maggio, sono arrivati i momenti di maggiore leggerezza scenica. La De Nardis ha mostrato una voce chiara, educata, intonatissima, che poggia su un’emissione pulita e musicale, con una presenza scenica sobria, ma fresca, capace di reggere la scena con personalità e naturalezza.


La Sinfonia della Cenerentola, che è poi seguita, ha confermato la solidità dell’orchestra del Maggio: coesione degli archi, fiati rotondi e ben intonati, dinamiche ben modellate. Il maestro Franklin non ha cercato effetti speciali, ma ha optato per un fraseggio sciolto, curato, di bella luminosità.


“Sia qualunque delle figlie” ha quindi nuovamente messo in luce il senso della parola e l’eleganza di Romano, mentre la De Nardis, in “Signorina, in tanta fretta” (Don Pasquale), ha restituito un canto spontaneo e comunicativo, mai artefatto. Nel duetto da Don Pasquale, i due hanno giocato con tempi, inflessioni e piccole libertà interpretative, senza mai scadere nell’esagerazione. Un momento riuscitissimo.


La seconda parte del concerto ha celebrato il momento clou del pomeriggio: Il maestro di cappella di Domenico Cimarosa. Romano ha fatto del pezzo un piccolo capolavoro di teatro musicale, senza esagerazioni: puro gioco di intelligenza vocale e interpretativa. La partitura, geniale nella sua autoironia sul mondo musicale, è stata restituita con una chiarezza eccellente, tempi comici precisissimi, ironia sottilissima, ma sempre musicale. Un’esecuzione davvero straordinaria.


Dopo il brano di Cimarosa, la serata avrebbe potuto proseguire con uno o due bis e le richieste del pubblico non sono mancate. Non è stato però concesso nulla e il concerto si è concluso con una buona mezz’ora di anticipo. Una chiusura un po’ amara per un recital forse scarno nel programma, ma musicalmente eccellente, reso memorabile dal talento del maestro Romano.


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