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Les Pecheurs de perles • Rhoer

  • Lorenzo Giovati
  • 27 set
  • Tempo di lettura: 3 min

Firenze, Teatro del Maggio. 21 Settembre 2025.

Dopo Aida, titolo di frequente (seppur sempre piacevole) ascolto, e una rapida rassegna estiva, il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino ha riaperto i battenti con un’opera la cui rappresentazione non è invece usuale: Les Pêcheurs de perles di Georges Bizet, compositore che il grande pubblico associa quasi esclusivamente a Carmen, capolavoro universalmente riconosciuto. Eppure, sebbene l’autore sia lo stesso, le due opere non potrebbero essere più diverse: Carmen vive di sonorità impetuose, scene d’impatto, azione serrata e melodie divenute popolari anche al di fuori dei teatri; Les Pêcheurs de perles si colloca invece su un piano intimista e delicato, sostenuto da linee liriche e cantabili, intrise di un’eleganza tutta francese. Qui Bizet recupera la sua vocazione nazionale, accostandosi a Gounod o a Offenbach, e conferma la sua straordinaria capacità di evocare atmosfere: così come Carmen trasporta in una Spagna mai visitata dal compositore, le melodie orientaleggianti dei Pescatori, arricchite dall’uso del corno inglese e da scale arabeggianti, rimandano con immediatezza ai paesaggi dell’Oceano Indiano in cui la vicenda si svolge.


Su questa cifra espressiva ha lavorato con grande finezza Jérémie Rhorer, che ha diretto l’opera con raffinata eleganza, curando in particolare l’equilibrio timbrico e il dialogo tra buca e palcoscenico. Alcuni momenti, come il finale del secondo atto o la chiusura del primo, hanno mostrato una certa carenza di incisività e di slancio emotivo, con il rischio di una resa un poco uniforme. Tuttavia, la direzione, nel suo insieme, ha convinto per chiarezza, precisione e gusto, valorizzando la partitura.


Ottima è stata anche la prova dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, compatta e nitida, con fiati in gran forma e archi morbidi e vellutati; qualche incertezza nei corni non ha compromesso l’elevato livello complessivo. Sempre magnifico il coro preparato da Lorenzo Fratini, per potenza e per coesione.


Sul piano vocale, il cast si è rivelato omogeneo e ben scelto. Su tutti ha spiccato Javier Camarena, un Nadir di grande intensità e dal colore vocale perfettamente aderente al ruolo. L’interpretazione è stata profonda e partecipe, anche se non priva di lievi cali d’intonazione e di una certa discontinuità nel controllo, probabilmente legati a una forma vocale non impeccabile; resta comunque una prova eccellente, con un duetto con Zurga di forte impatto e un’aria del primo atto ben resa, pur con qualche imprecisione conclusiva che ha suscitato contestazioni ingenerose.


Hasmik Torosyan ha offerto a Leila una voce cristallina e un’intonazione sicura, dando vita a un’interpretazione appassionata, sebbene a tratti, più affidata al gesto scenico, che alla profondità espressiva.


Di assoluto rilievo è stata anche la prova di Lucas Meachem, un Zurga di grande autorevolezza, dal timbro sontuoso e dalla proiezione poderosa, forse a volte eccessiva, ma sempre sorretta da un fraseggio intenso e variegato.


Più defilato, ma solido e puntuale, il Nourabad di Huigang Liu, ben delineato per precisione e presenza scenica.


Di altissimo livello si è rivelata infine la regia di Wim Wenders, raffinata e fortemente cinematografica. L’uso delle proiezioni ha saputo ampliare lo spazio scenico, evocando paesaggi e atmosfere che si intrecciavano all’azione sul palco: memorabile è stato il finale del primo atto, con Leila inginocchiata su una piattaforma illuminata contro un cielo stellato. L’essenzialità dei mezzi, con una scena quasi sempre spoglia, è stata compensata da un uso sapiente delle luci, capaci di ricreare tramonti ed effetti suggestivi. Una regia sobria, intelligente, che ha dialogato con la musica, senza mai ridursi a semplice cornice.


In sintesi, uno spettacolo che conferma la linea lungimirante del Maggio: proporre titoli meno frequentati, realizzati con grande cura musicale e registica, forti di compagini orchestrali e corali solide e di un respiro artistico sempre di alto livello. Uno spettacolo da ricordare.


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