Beethoven e Verdi • Mengoli
- Lorenzo Giovati
- 20 set
- Tempo di lettura: 3 min
Milano, Biblioteca degli Alberi. 11 Settembre 2025.
Approfittando delle ultime serate estive di settembre, BAM – la Biblioteca degli Alberi di Milano – ha proposto un concerto all’aria aperta che ha saputo coniugare la raffinatezza musicale con un’atmosfera di spontanea convivialità. L’idea, che richiama alla memoria i celebri Waldbühne berlinesi, è stata quella di accogliere il pubblico disteso su un prato, immerso nel verde e nella luce tenue del tramonto, trasformando così l’ascolto in un’esperienza aperta a tutti. Protagonista della serata è stata l’Orchestra di Padova e del Veneto, affidata alla direzione di Giuseppe Mengoli, giovane maestro italiano in rapida ascesa, che ha dimostrato di possedere già una rimarchevole maturità interpretativa.
La prima parte del programma, dopo i saluti istituzionali, è stata interamente occupata dalla Sinfonia n. 6 in fa maggiore op. 68, la “Pastorale”, di Ludwig van Beethoven. Una pagina che, dietro la sua apparente immediatezza descrittiva, cela insidie non indifferenti: il rischio è quello di indirizzare la lettura verso un lirismo statico, incapace di sostenere l’arco narrativo dei cinque movimenti. Il maestro Mengoli, al contrario, ha saputo mantenere sempre viva la tensione interna, curando il respiro del fraseggio e introducendo accenti e variazioni agogiche che hanno impresso vita e freschezza a una lettura già personale. Il primo movimento è risultato fluido, ma al tempo stesso ben costruito: la chiarezza dell’articolazione e la naturalezza dei tempi hanno restituito un Beethoven molto solare. Il secondo movimento, “Scena al ruscello”, pur con qualche lieve imprecisione dei fiati, si è distinto per il nitore delle linee e per la cura con cui è stato cesellato l’intreccio melodico. Il maestro Mengoli ha evitato ogni tentazione di cedere a un languore eccessivo, facendo emergere invece una vena contemplativa dal carattere misurato. Molto riuscito è stato anche il terzo movimento in cui il direttore ha saputo coniugare l’elemento danzante con quello più lirico, restituendo un quadro vivace e coeso. Il tempo rapido, ma mai affrettato, ha permesso al movimento di conservare freschezza, senza perdere di controllo. Il quarto movimento, la “Tempesta”, è stato affrontato con piglio energico, ed è risultato serrato e compatto. Infine, il quinto movimento, ha chiuso la sinfonia con un tono luminoso, scandito su un tempo corretto e pieno di equilibrio.
Dopo Beethoven, è seguito un brano raro e prezioso, l’Inno delle Nazioni di Giuseppe Verdi. Quest’opera, concepita nel 1862 per l’Esposizione Universale di Londra, intreccia i temi degli inni inglese, francese e italiano in una costruzione che rischia, se mal condotta, di apparire un mero collage celebrativo. Il maestro Mengoli, invece, ha saputo calibrare con intelligenza i tempi, conferendo dignità e rilievo a ciascun inno, senza mai snaturarne il carattere. Ne è emersa un’interpretazione equilibrata e nobile, impreziosita dall’apporto del Coro Città di Piazzola sul Brenta, puntuale e compatto, e dagli interventi del tenore Stefano Secco, dotato di una voce intonata e di un buon fraseggio.
Momento di particolare suggestione è stato poi il celeberrimo “Va, pensiero” dal Nabucco. Qui il maestro Mengoli ha scelto un tempo sensibilmente più rapido rispetto alla tradizione esecutiva consolidata, ma l’effetto non è stato quello di impoverire la profondità del brano. Al contrario, la cura nel calibrare le frasi e nell’articolare con chiarezza il testo ha dato vita a un’esecuzione nuova, ariosa e sorprendentemente persuasiva. L’interpretazione ha convinto proprio grazie alla sua diversità, dimostrando il coraggio del direttore nel non limitarsi a riproporre un cliché ormai cristallizzato.
A chiudere la serata, con dolcezza e raccoglimento, l’“Ave verum corpus” di Mozart, eseguito con misura e levità.
Quanto all’Orchestra di Padova e del Veneto, la prestazione è stata complessivamente buona. Gli archi, compatti e sempre precisi nell’attacco, hanno dato prova di coesione e di duttilità; qualche imprecisione nei corni e in alcuni ingressi dei fiati non ha intaccato l’impressione generale di un ensemble disciplinato e pronto a seguire il gesto del direttore. La complicità tra orchestra e podio è parsa quindi solida.
In conclusione, un concerto piacevole e ben costruito, che ha saputo valorizzare la cornice suggestiva della Biblioteca degli Alberi e, soprattutto, mettere in luce le qualità interpretative del maestro Mengoli: un direttore giovane, ma già capace di coniugare rispetto per i brani eseguiti e libertà di pensiero, nonché di restituire al pubblico una musica sorprendentemente personale.










