Academy Presents VI
- Lorenzo Giovati
- 11 ago
- Tempo di lettura: 3 min
Verbier, Eglise Station. 3 Agosto 2025.
Parallelamente alla qualificata programmazione sinfonica e cameristica, il Festival di Verbier coltiva e implementa da anni, con la sua Accademia, un’attività esemplare, offrendo a giovani talenti, non solo corsi o masterclasses, ma veri e propri percorsi di crescita per violinisti, violisti, violoncellisti, pianisti, cantanti solisti e, non di rado, intere orchestre giovanili. La preparazione è seguita passo per passo, in un contesto in cui la professionalità si coniuga con un’attenzione musicale di rara qualità. In un panorama internazionale ricco di festival, Verbier quindi rimane tra i pochissimi a investire con continuità, profondità ed eccellenza nei giovani musicisti, e a d offrire loro occasioni concrete per confrontarsi con il grande repertorio sinfonico e lirico.
In questa cornice, la rassegna Academy Presents, ospitata nella chiesa di Verbier trasformata per l’occasione in una sala da concerto intima e acusticamente preziosa, ha proposto quest’anno un ciclo dedicato ai quartetti con pianoforte. L’ultimo appuntamento, in particolare, ha offerto la ribalta a due gruppi di giovani interpreti che hanno saputo sorprendere per solidità tecnica, finezza di ascolto reciproco e per un’energia comunicativa mai superficiale.
Il primo gruppo, formato dal violinista Emmanuel Coppey, dalla violista Seoyeon Ryu, dal violoncellista Luis Aracama e dal pianista Edward Ahlbeck Glader, ha affrontato il Quartetto per pianoforte e archi n. 3 di Brahms. Coppey ha messo in mostra un senso della leadership pregevolmente naturale, proponendo attacchi nitidi, capaci di mantenere il filo dell’insieme anche nei passaggi più complessi. Ryu ha offerto un suono rotondo e pieno, oltre che un’intonazione cristallina. Aracama ha convinto per la morbidezza del timbro e la capacità di rendere incisivi i momenti di dialogo con gli altri archi, soprattutto nel terzo movimento, denso di cantabilità. Glader ha infine fornito un sostegno pianistico di grande respiro, mai invasivo, capace di fondere il suo strumento nell’impasto sonoro complessivo, con eleganza e precisione. L’equilibrio fra i quattro interpreti si è percepito in ogni pagina, in un’unità di intenti che ha permesso di dare coerenza formale e tensione espressiva all’intero quartetto.
Il secondo gruppo, impegnato nel Quartetto per pianoforte e archi n. 2 di Dvorák, era composto dalla violinista Christina Nam, dal violista Hiroki Kasai, dal violoncellista Yo Kitamura e dal pianista Ziyu Shao. Nam ha sfoggiato un fraseggio flessibile e incisivo, un’intonazione dello strumento impeccabile e un controllo dell’arco che ha saputo esaltare la luminosità dei passaggi lirici e l’energia dei momenti più ritmici. Kasai ha portato in evidenza un suono vellutato e una reattività costante. Kitamura ha mostrato una profondità di suono e una capacità di sostenere le linee melodiche con calore e sicurezza, rendendo memorabili diversi passaggi, soprattutto nel movimento lento. Shao, dal canto suo, ha dato prova di un pianismo fluido e brillante. L’esecuzione si è chiusa con un finale travolgente, affrontato con slancio e con precisione, in cui i quattro interpreti hanno unito vigore ritmico e lucidità tecnica, regalando un epilogo di rara intensità.
L’occasione è stata anche il momento per premiazione dei giovani al termine del loro percorso accademico. Molti sono stati i riconoscimenti, a conferma della qualità e dell’impegno dei partecipanti. Tra i musicisti impegnati quella mattina, Emmanuel Coppey ha ricevuto il Premio APCAV, meritato per la sua capacità di coordinare e mantenere un costante contatto visivo con tutti i colleghi; Yo Kitamura ha ottenuto il Premio Jean-Nicolas Firmenich, anch’esso meritato per il suono rotondo e levigato che riesce ad esprimere; Christina Nam è stata insignita del Premio Reyl, meritato per la sicurezza e la personalità con cui ha guidato il proprio gruppo. Numerosi altri premi sono stati conferiti, anche con ricompense in denaro, che rappresentano un esempio importante: famiglie, associazioni, privati e sostenitori del festival scelgono infatti di investire direttamente su giovani musicisti di altissimo livello, contribuendo concretamente al loro futuro artistico.
Due prove, dunque, che non hanno solo mostrato talento individuale, ma soprattutto una rara capacità di ascoltarsi e di costruire insieme una lettura coerente e comunicativa di pagine complesse. È proprio in questo che l’Accademia di Verbier trova il suo senso più alto: trasformare il potenziale di giovani talenti in realtà, fornendo ai musicisti non soltanto una vetrina, ma un vero laboratorio di crescita artistica.


















