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Strauss e Wagner • Jarvi

  • Lorenzo Giovati
  • 12 lug
  • Tempo di lettura: 4 min

Parma, Piazza Duomo. 9 Luglio 2025.

Come ogni anno, al termine del Festival Toscanini, rassegna che da diverse stagioni porta la musica d'estate nella città ducale in spazi all'aperto, la Filarmonica Arturo Toscanini ha proposto il consueto concerto in Piazza Duomo, sotto il cielo di luglio e al cospetto della maestosa Cattedrale di Santa Maria Assunta, suggestivamente illuminata di blu. Un appuntamento divenuto tradizione, sempre accolto con entusiasmo dal pubblico, anche se non sempre costante per gli esiti artistici. Quest’anno, alla guida dell’orchestra, è tornato il maestro Kristjan Järvi, figura ben nota al pubblico parmigiano per aver ricoperto il ruolo di Direttore Ospite principale tra il 2021 e il 2023, e per aver condotto in più occasioni la Filarmonica con il suo piglio energico e comunicativo.


La serata si è aperta con Till Eulenspiegels lustige Streiche di Richard Strauss, vivace poema sinfonico che narra, con spirito arguto e pungente, le gesta scanzonate del celebre burlone medievale. Il maestro Järvi ha optato per una lettura piuttosto compatta e ben costruita nella forma, seppur non sempre generosa di quelle sfumature dinamiche che rendono questo brano particolarmente teatrale. L’orchestra ha risposto con precisione e con una buona tenuta complessiva, soprattutto nei frequenti cambi di carattere e nelle repentine virate ritmiche: la coesione tra le sezioni ha retto bene anche nei passaggi più frastagliati, contribuendo a delineare una narrazione musicale chiara e leggibile. Una lettura spontanea e ben calibrata, che ha saputo aprire la serata con equilibrio e vigore, senza eccessi.


Il secondo brano in programma è stato la Sinfonia da Die Meistersinger von Nürnberg di Richard Wagner, una tra le pagine più nobili e solenni dell’intero repertorio wagneriano. Qui la direzione di Järvi è parsa più controversa: il tempo iniziale, molto sostenuto, ha compromesso in parte la monumentalità e la solennità intrinseche al brano, restituendo un carattere forse troppo brillante e spigliato, più consono a un ouverture da teatro che a un'imponente architettura sinfonica. Tuttavia, è da riconoscere al direttore una gestione sapiente delle dinamiche e un notevole controllo degli equilibri interni, specialmente nei grandi blocchi sonori e nelle entrate in massa delle sezioni. La Filarmonica ha mostrato compattezza e un buon livello di affiatamento, pur mancando a tratti di quel respiro epico che la partitura sembrava invocare.


In chiusura, Also sprach Zarathustra di Richard Strauss: autentico banco di prova per qualsiasi orchestra, tanto per la sua vastità architettonica, quanto per la complessità del linguaggio sinfonico, che richiede un controllo assoluto delle dinamiche, un equilibrio attentissimo tra le sezioni e una direzione capace di tenere insieme un discorso formale ampio e frammentato. La direzione di Järvi, in questo caso, si è rivelata senz’altro la più convincente dell’intera serata, per chiarezza strutturale, incisività narrativa e ricchezza timbrica. Dopo il celeberrimo incipit (il Sonnenaufgang che risuona come una vera e propria Epifania sonora e che il cinema ha reso simbolo universale del sublime), il maestro Järvi ha saputo evitare il rischio dell’effetto fine a sé stesso, scegliendo un'interpretazione capace di scolpire le frasi con nitidezza e di costruire tensione. Il crescendo iniziale è stato gestito con grande controllo, con un’eccellente compattezza degli archi gravi e un’imponente risposta degli ottoni, supportata da timpani ben scanditi, il tutto ottimamente sostenuto dal pedale dell’organo in sottofondo. Järvi ha dimostrato di conoscere a fondo la drammaturgia interna della partitura: ogni sezione del poema è stata resa con una coerenza interna notevole, rispettando il carattere mutevole del brano ma senza mai smarrire la tensione unitaria del discorso. Notevole il lavoro sugli archi, capaci di restituire un suono più coeso del solito. Il maestro Järvi ha saputo dosare con intelligenza i momenti di espansione sonora: i climax orchestrali, scolpiti con energia e precisione, sono giunti come approdo naturale di un percorso ben strutturato, mai urlato, né forzato. Non meno riuscita è stata la resa dei contrasti ritmici e timbrici, così centrali in un’opera che alterna con straordinaria libertà episodi contemplativi e slanci energici, giochi di polifonia, simbolismi e provocazioni armoniche. La direzione del maestro Järvi ha valorizzato proprio questa dialettica, facendo emergere il pensiero filosofico-musicale che sorregge l’intera partitura.


Su richiesta entusiasta del pubblico, e con la complicità del direttore, la serata si è conclusa con un bis d’effetto: la celeberrima Cavalcata delle Valchirie di Wagner. La scelta, chiaramente pensata per colpire l’immaginazione dell’ascoltatore e chiudere in modo spettacolare il programma, ha mostrato qualche problema di coesione nei passaggi di assieme e negli attacchi, non sempre perfettamente allineati tra le sezioni. Tuttavia, l’esecuzione è risultata efficace e in grado di coinvolgere.


Dal punto di vista esecutivo, la Filarmonica Arturo Toscanini ha mostrato una buona preparazione generale. Gli ottoni si sono distinti per precisione e brillantezza, sia nel corno solista del Till Eulenspiegel, ben condotto nei passaggi acrobatici, sia nella squillante e ben centrata tromba iniziale di Also sprach Zarathustra. Le percussioni hanno offerto un apporto puntuale e rigoroso, sempre ben bilanciato. Meno uniforme invece il lavoro degli archi, in particolare dei violini, che hanno restituito un suono poco seducente e a tratti leggermente stridulo, soprattutto nei passaggi veloci. A risollevare il quadro sono stati gli interventi solistici, davvero pregevoli per eleganza, del primo violino Mihaela Costea.


Il maestro Kristjan Järvi si è confermato un interprete energico, comunicativo, attento al gesto, quanto alla relazione con il pubblico, con cui ha più volte scherzato con cenni e sorrisi: ha incitato gli spettatori ad applaudire più forte, ma anche a trattenersi quando l’applauso partiva inopportunamente. Il suo stile, saltellante e ipercinetico sul podio, risulta sempre sorretto da una professionalità solida, da una chiara concezione dell’equilibrio sonoro e da una evidente padronanza della partitura. Il maestro Järvi non è forse un direttore dal gesto particolarmente raffinato o analitico, ma è indubbiamente capace di tenere un’orchestra sotto controllo e di infondere slancio alle pagine più ampie e narrative.


Il concerto, pur senza toccare vertici d’inventiva o proporre soluzioni interpretative davvero sorprendenti, ha comunque offerto un’esperienza piacevole, ben costruita e musicalmente più che soddisfacente.


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