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Strauss e Poulenc • Hanningan

  • Lorenzo Giovati
  • 4 nov
  • Tempo di lettura: 3 min

Milano, Teatro alla Scala. 26 Ottobre 2025.

Non sono molte, purtroppo, le donne che possono vantare di aver calcato il palcoscenico del Teatro alla Scala in veste di direttrici (o direttori, che dir si voglia) d’orchestra. Nella sua maturità, Barbara Hannigan, soprano e direttrice d’orchestra tra le più raffinate e poliedriche della sua generazione, ha finalmente debuttato al Piermarini con un concerto che ne ha consacrato la statura artistica e la personalità magnetica. Il suo esordio milanese si è rivelato un trionfo: un gesto ricco d’intelligenza musicale e di sensibilità interpretativa, una prova di virtuosismo tecnico e di profondità emotiva che hanno confermato, una volta di più, quanto la Hannigan rappresenti oggi un unicum nel panorama musicale internazionale. La sua presenza, intensa e carismatica, ha silenziosamente dimostrato come esistano direttrici e musiciste donne che, senza nulla usurpare, ma ricevendo un giusto premio al loro merito, potrebbero aspirare a cariche stabili in teatri importanti, anche (magari) in Italia.


L’apertura del concerto è stata affidata alle Metamorphosen di Richard Strauss, lo struggente studio per ventitré archi che rappresenta uno dei testamenti spirituali del compositore bavarese. La Hannigan ne ha offerto una lettura di mirabile lucidità architettonica, costruita su un controllo formale impeccabile e su una concezione d’insieme di raro equilibrio. Ogni linea si è integrata con naturalezza nel tessuto complessivo, in un flusso sonoro dal respiro ampio e meditativo. La Hannigan ha saputo restituire l’essenza malinconica della partitura, controllando soprattutto la visione d’insieme più che la singola linea o il fraseggio della melodia, guidando la Filarmonica della Scala con gesto chiaro, elastico e sempre musicalmente eloquente. La sezione degli archi, di straordinaria compattezza e morbidezza timbrica, ha risposto con precisione e calore, contribuendo a costruire un’atmosfera di profonda intensità emotiva, sospesa tra rimpianto e redenzione.


La seconda parte del concerto ha costituito, nelle intenzioni della direttrice, il naturale contrappunto al mondo crepuscolare di Strauss: La voix humaine di Francis Poulenc, che la Hannigan ha interpretato, sia come cantante, sia come direttrice, unendo le due dimensioni in un gesto teatrale di sorprendente organicità. La sua è stata un’operazione audace, quasi difficile da credere, resa ancor più affascinante dall’uso di uno schermo posto dietro l’orchestra, sul quale venivano proiettate le immagini riprese da tre telecamere puntate su di lei. Il risultato è stato un gioco visivo di rimandi e riflessi, un labirinto d’immagini che ha amplificato la solitudine e la frammentazione psicologica del personaggio di Elle, rendendo palpabile il confine sottile tra realtà e illusione.


Vocalmente impeccabile, la Hannigan ha modulato ogni inflessione della voce con precisione millimetrica, restituendo con finezza la fragile disperazione e l’instabilità emotiva della protagonista. Il fraseggio, ricco di sfumature e di chiaroscuri, ha rivelato una padronanza assoluta della parola e del suono, mentre la direzione orchestrale, integrata nel respiro teatrale dell’interpretazione, ha mostrato una cura minuziosa per i dettagli e un’intelligenza scenica fuori dal comune. Ogni gesto, ogni movimento, ogni sguardo è stato pensato come parte integrante della costruzione drammatica del personaggio: un equilibrio perfetto tra controllo e abbandono, tra tecnica e verità emotiva. L’uso dell’amplificazione, discreto e calibrato, non ha mai intaccato la naturalezza della resa vocale, anzi ha contribuito a sottolineare la dimensione quasi cinematografica della performance.


La Filarmonica della Scala ha seguito la direttrice con straordinaria attenzione e grande duttilità, rispondendo a ogni inflessione del suo gesto con precisione e sensibilità. Gli ottoni, rotondi e misurati, si sono fusi alla perfezione con la lucentezza degli archi, in una tavolozza sonora sempre limpida e controllata.


Il risultato finale è stato uno spettacolo di rara completezza: intellettualmente stimolante, emotivamente travolgente, teatralmente impeccabile. Un debutto memorabile, che non soltanto segna un traguardo importante nella carriera di Barbara Hannigan, ma che ribadisce la necessità di figure come la sua nel panorama musicale contemporaneo: donne di vero talento, ricche di visione e di coraggio in un’arte che supera ogni confine. Un meritato trionfo.


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