Mozart-Matinee • Sorita
- Lorenzo Giovati
- 23 ago
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Salisburgo, Mozarteum Großer Saal. 16 Agosto 2025.
All’interno del Festival di Salisburgo, la Großer Saal del Mozarteum ospita ogni anno i Mozart-Matinee, una rassegna di concerti interamente dedicata al genio salisburghese. In questa sala storica, legata all’università che porta il suo nome, la musica di Mozart trova un suo contesto naturale, familiare, in cui interpreti e pubblico possono incontrarsi nel segno di una tradizione ormai consolidata. In questa occasione, gli organizzatori hanno lasciato spazio ad un giovanissimo pianista e direttore d'orchestra, Kyohei Sorita, che ha diretto al pianoforte la Mozarteumorchester Salzburg.
Il programma ha avuto inizio con la Sinfonia n. 32 in sol maggiore K. 318, la più breve fra le pagine sinfoniche mozartiane, quasi un’ouverture teatrale travestita da sinfonia. Il maestro Sorita ne ha offerto una lettura compatta, essenziale, priva di ogni eccesso enfatico. L’energia è stata sempre calibrata, senza che fossero ricercati effetti esteriori, ma puntando su una solidità di fondo che ha ben messo in risalto la scrittura tersa. La Mozarteumorchester Salzburg ha risposto con precisione e con brillantezza: archi compatti, fiati ben equilibrati e attacchi sempre netti hanno reso questa pagina un'introduzione ideale al concerto.
Subito dopo, sedutosi al pianoforte, il maestro Sorita ha assunto anche la guida della parte solistica, affrontando il Concerto per pianoforte e orchestra n. 9 in mi bemolle maggiore K. 271 “Jeunehomme”, una delle prime opere concertistiche in cui Mozart abbandona definitivamente i modelli galanti per approdare a un linguaggio più complesso e drammatico. Nel primo movimento l’interprete ha scelto un tempo moderato, evitando la frenesia e privilegiando invece la chiarezza delle linee. Ne è emersa un’esecuzione elegante e raffinata, realizzata con un pianismo nitidamente articolato. Meno persuasivo è risultato invece l’Andantino, secondo movimento. Rallentato quasi fino quasi a divenire un Largo, il movimento ha assunto un carattere meditativo e introspettivo, con una tensione lirica intensa, ma non sempre adeguatamente sostenuta. Il tentativo di scavare nella drammaticità nascosta della pagina non è del tutto riuscito e il risultato è apparso a tratti statico. Di ben altro respiro è stato invece il terzo movimento, in cui il maestro Sorita ha saputo cogliere con finezza il contrasto tra l’agilità brillante delle sezioni più veloci e il lirismo trattenuto degli episodi lenti.
La seconda parte del concerto si è aperta con una Ouverture dalle Nozze di Figaro eseguita con eleganza e fermezza di gesto. Il maestro Sorita ha preferito rinunciare a un’eccessiva spinta teatrale, offrendo piuttosto una lettura equilibrata, curata nel fraseggio. Ne è risultata un’interpretazione pulita, armonica e sorvegliata.
Il programma si è poi concluso con il Concerto per pianoforte e orchestra n. 26 in re maggiore K. 537 “dell’Incoronazione”, una delle pagine più celebri dell’ultimo Mozart. Qui il maestro Sorita ha mostrato al meglio le proprie qualità di pianista: il primo movimento, ampio e solenne, è stato affrontato con energia e con luminosità; il secondo movimento ha trovato un tono morbido e delicato, di serena cantabilità, ben sostenuto dagli archi dal suono vellutato; il terzo movimento si è imposto come il momento più riuscito dell’intero concerto, grazie a una brillantezza scattante, a una precisione rimarchevole e a un fraseggio cesellato con gusto.
Nel complesso, il maestro Sorita ha confermato le sue doti di pianista di solida tecnica e di raffinato stile, capace di estrarre dallo strumento un suono pulito e ben scolpito, sempre misurato nei volumi e nel tocco. L’orchestra ha seguito la sua parte con grande flessibilità, mostrando morbidezza negli archi e precisione nei fiati, pur con qualche lieve incertezza da parte dei corni.
Il concerto, accolto con calore dal pubblico, si è chiuso con un bis perfettamente in linea con la serata: il Rondò alla turca dalla Sonata in la maggiore K. 331, eseguito con leggerezza e brillantezza, come ultimo omaggio al genio salisburghese nella sua città natale.