La Rondine • Pappano
- Lorenzo Giovati
- 15 dic 2024
- Tempo di lettura: 6 min
Londra, Barbican Hall. 12 Dicembre 2024.
In una uggiosa e fredda Londra, la London Symphony Orchestra, nella “sua” Barbican Hall, ha proposto un concerto dalla caratura artistica eccezionale, che sicuramente valeva un viaggio in territorio britannico nel bel mezzo della settimana. In celebrazione del Centenario pucciniano, il maestro Antonio Pappano, uno dei maggiori interpreti di questo repertorio, ha proposto al pubblico il capolavoro La Rondine, del genio lucchese. Mai come in quest’anno di celebrazioni, quest’opera è stata riportata alla luce e riscoperta nella sua bellezza, prima al Teatro Regio di Torino, poi al Teatro alla Scala di Milano, poi al Metropolitan Opera di New York e infine addirittura a Monte Carlo, dove si tenne la prima rappresentazione nel 1917.
Proprio dalla messa in scena torinese, dopo un’importante parentesi artistica al Maggio Musicale Fiorentino, prima come Butterfly e poi come Violetta, è tornata nei panni di Magda la bravissima, vocalmente e artisticamente, Carolina Lopez-Moreno. Questo soprano dalle doti vocali eccezionali ha saputo, non solo sostituire la parimenti brava Nadine Sierra, assente per malattia, senza farne rimpiangere la mancanza, ma ha superato le già altissime aspettative che il cast originario aveva generato. In abito rosa luccicante, la Lopez-Moreno ha interpretato l’intera opera senza spartito e senza un solo accenno di incertezza o di stanchezza, dando prova di una sicurezza e di un controllo tecnico impeccabili. Nonostante l’assenza di scenografia, un limite strutturale della Barbican Hall, la cantante ha saputo comunque catturare l’attenzione visiva ed emotiva del pubblico, trasformando ogni gesto, ogni sguardo e ogni movimento in un veicolo narrativo efficacissimo. Persino un semplice appoggio alla balaustra del podio del maestro Pappano è diventato un elemento di scena vivo, così da rendere la sua Magda una figura attrattiva e coinvolgente. Dal punto di vista vocale, la Lopez-Moreno ha semplicemente incantato per la morbidezza e la luminosità del suo timbro, sostenuto da un’emissione perfetta e da una gestione del fiato, delle intonazioni e degli accenti di rara eleganza. Eccellente è stata l’esecuzione dell’aria di Doretta, in cui è riuscita ad alleggerire sul fiato con una delicatezza e una precisione tali da rendere ogni frase musicale un piccolo capolavoro di grazia e di raffinatezza. Alla fine, il pubblico, rapito dalla sua interpretazione, le ha tributato un’ovazione meritatamente entusiastica, che l'ha visibilmente commossa. Carolina Lopez-Moreno, giovanissima e già così matura vocalmente, si è quindi confermata come una delle migliori voci del nostro tempo. Dotata di un mezzo vocale pregevolissimo, di una presenza scenica magnetica e di una sensibilità interpretativa non comune, non faticherà ad affermarsi ulteriormente come una delle stelle più luminose del panorama operistico internazionale. La stampa britannica ha definito “da urlo” la sua prestazione, offrendone una felice, ma anche fedele, sintesi.
Al suo fianco, nei panni di Ruggero, si è esibito l’americano Michael Fabiano, giovane tenore dotato di un mezzo vocale potente, di un timbro gradevole e di uno squillo di indubbia efficacia. La sua interpretazione, contraddistinta da un approccio decisamente "eroico", è sembrata essere influenzata dalla naturale potenza della sua voce, che tuttavia è apparsa ben controllata nel complesso. Sebbene la robustezza del suo canto abbia offerto momenti di grande incisività, alcune asperità nel registro acuto hanno talvolta tradito una certa mancanza di morbidezza, rendendo la linea vocale non sempre omogenea. Dal punto di vista interpretativo, Fabiano ha optato per un Ruggero che, nel terzo atto, si è proposto in modo vagamente duro nei confronti di Magda. Questa scelta, sebbene in contrasto con la prassi esecutiva che predilige un atteggiamento più malinconico e addolorato, ha comunque ha avuto il pregio di una buona coerenza rispetto al resto dell’interpretazione e ha costituito una lettura comunque interessante del personaggio. Nel secondo atto, però, l'interpretazione di Michael Fabiano è stata particolarmente coinvolgente e si è distinta per un'intensità emotiva capace di trasmettere la dimensione più tenera del personaggio, soprattutto nei duetti con Magda. A bilanciare qualche lieve rigidità vocale negli acuti, Fabiano ha saputo sfruttare un registro centrale solido e intonato, che ha evidenziato la qualità del suo mezzo e la cura tecnica nell’affrontare le parti più delicate.
Molto convincente è stata anche la Lisette di Serena Gamberoni. Il personaggio è stato delineato con schiettezza, vivacità e simpatia, senza eccessi di comicità inopportuna, facendo quindi risaltare ancora di più la componente comica del libretto, che impone a Lisette una caratterizzazione brillante. Vocalmente la Gamberoni è apparsa leggermente opaca nel primo atto, talvolta più attenta al fraseggio che alla ricerca della nota, ma nel secondo e nel terzo atto la sua interpretazione è sbocciata in intonazioni curate, unite ad una linea vocale più sicura e ad una maggiore brillantezza timbrica. Nel secondo atto, in particolare, Serena Gamberoni ha saputo dare al personaggio di Lisette una vitalità piacevole, sostenendo con grande naturalezza i passaggi più leggeri e giocosi del libretto, senza mai scivolare nell’eccesso. La versatilità dimostrata nell’oscillare tra il comico e il lirico ha reso la sua interpretazione, non solo convincente, ma anche elegante, suggellando una prova complessivamente molto riuscita.
Al suo fianco, nei panni del poeta Prunier, si è calato Paul Appleby, giovane tenore dalla vocalità chiara e dal fraseggio accurato, frutto di un evidente studio approfondito della partitura. La sua interpretazione, curata e vivace, ha saputo cogliere il carattere ironico e brillante del personaggio, mettendo in risalto la natura spensierata del poeta, con eleganza e leggerezza. Tuttavia, non sempre il suo canto è risultato spontaneo e fluido: in alcuni passaggi, specialmente quelli più lirici, l'emissione è apparsa leggermente rigida. Nel secondo atto, Appleby ha dato prova di vivacità interpretativa, affrontando i momenti comici con una gestualità disinvolta e un tono leggero che ben si sposavano con l’ironia del libretto. Qui, il suo Prunier è stato particolarmente convincente, riuscendo a strappare sorrisi al pubblico, senza mai cadere nell’eccesso. Nel complesso ha offerto una prova solida, dimostrando una vocalità interessante e un’interpretazione ben delineata.
Ashley Riches ha delineato il ruolo di Rambaldo con professionalità vocale e con un'interpretazione sobria, ma efficace.
Eccellente e molto affiatato è apparso il trio delle amiche di Magda (che nel secondo atto sono diventate le tre ragazze di Bullier), composto dalle bravissime Sarah Sufresne (Yvette/Georgette), Angela Schisano (Bianca/Gabriele) e Marvic Monreal (Suzy/Lolette).
Altrettanto affiatato e ben strutturato è apparso il trio maschile Crebillon/Perichaud/Gobin, interpretato da Hector Bloggs, Tom McGowan e Sang-Eup Son.
Uno spettacolo già vocalmente molto pregevole non avrebbe però mai potuto raggiungere simili vette senza una base direttoriale di altissimo livello. Il maestro Antonio Pappano, vero architetto del suono, ha saputo cogliere ogni sfumatura della partitura, interpretandola con una vivacità, una leggerezza e un'attenzione al dettaglio che solo anni di approfondimento del repertorio pucciniano potevano consentire. La sua direzione è stata un viaggio raffinato attraverso le tre "anime" di questa splendida opera, mettendone in luce la straordinaria varietà emotiva e strutturale, quasi a richiamare l’ideale ternario di Suor Angelica, Gianni Schicchi e Il Tabarro, i cui richiami melodici non passano inosservati ad un orecchio esperto. Nel primo atto, Pappano ha esaltato la levità incantata delle scene iniziali, accompagnando con grazia e freschezza i dialoghi e conferendo un tocco quasi fiabesco al racconto del sogno di Doretta. La leggerezza orchestrale, sospesa e carezzevole, ha creato un’atmosfera di dolce intimità. Il secondo atto, con la sua esplosione di vitalità nei vivaci valzer del Café Bullier, è stato un trionfo di energia e di brillantezza. Qui Pappano ha dimostrato la sua maestria nel dare colore e ritmo alla scena, intrecciando la frenesia della vita mondana con momenti di lirismo più delicato. Il direttore ha saputo rendere ogni dettaglio orchestrale parte integrante dell’azione, soprattutto nella grande scena corale. Infine, nel terzo atto, Pappano ha guidato l’orchestra verso una drammaticità profonda e struggente, scavando nelle pieghe più intime della partitura. I passaggi più intensi, come l’addio tra Magda e Ruggero, sono stati resi con delicatezza e intensità impagabili. La tensione emotiva è cresciuta progressivamente, grazie a un uso sapiente delle dinamiche e a un’attenzione sensibilissima alle interazioni tra orchestra e voci. Antonio Pappano ha ancora una volta dimostrato perché è considerato uno dei massimi interpreti pucciniani del nostro tempo. La sua direzione, non solo ha sostenuto e ispirato i cantanti, valorizzandone le prestazioni, ma ha dato vita a una lettura, elegante, struggente e bellissima.
Al servizio di una così ben riuscita direzione, la London Symphony Orchestra (che aveva già eseguito e inciso La Rondine con Pappano nel 1997), ha suonato perfettamente, assecondando tutte le indicazioni sonore del direttore d'orchestra con professionalità e maestria rare. Ottima è stata anche la prestazione del London Symphony Chorus, preparato da Marina Rosas.
L'unica grande pecca della serata, se così possiamo definirla, è stato il programma di sala, il quale attribuiva Tosca, Turandot e La Boheme al Maestro Verdi. Errore, si spera, dovuto ad una (comunque grave) svista.
Alla fine, gli applausi sono arrivati calorosi ed entusiastici per una Rondine memorabile.