top of page

La Forza del Destino • Nézet-Séguin

  • Lorenzo Giovati
  • 12 mar 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

New York, Metropolitan Opera House (in diretta su The Met: Live at home). 9 Marzo 2024

Sabato sera, grazie a un preziosissimo collegamento con il Metropolitan Opera House di New York, ho avuto la possibilità di assistere a "La Forza del Destino", un titolo assente da diversi anni nel cartellone del teatro newyorkese.


Lise Davidsen, che interpretava Leonora, è stata sicura nell’intonazione e intensa nell'interpretazione. Tuttavia, spesso la linea di canto mi è sembrata sforzata. In "La vergine degli angeli" sono mancate quelle sfumature intime e sofferte che sarebbero state quasi obbligate. Complessivamente, quindi, il personaggio di Leonora si è un poco sfocato, forse anche a causa di problemi legati alla lingua e al fraseggio non particolarmente curato.


Il tenore Brian Jagde, che presto ascolterò dal vivo nei panni di Cavaradossi al Teatro Regio di Parma, al fianco della Davidsen nel ruolo di Don Alvaro, ha garantito un'interpretazione solida e una vocalità intensa. Il fraseggio, però, non è sempre stato preciso e la linea di canto è risultata a tratti sforzata, anche se ha mantenuto bene gli acuti per lungo tempo. In generale, però, è risultato convincente, soprattutto nell'aria "O tu che in seno agli angeli". Scenicamente, Jagde è stato altrettanto pregevole, dimostrando ottime doti attoriali, specialmente nei gesti e nelle espressioni facciali, più evidenti nei primi piani della diretta rispetto alla distanza in teatro.


Igor Golovatenko, nel ruolo di Don Carlo, è stato interpretativamente il più convincente, decidendo, come Jagde, di puntare sulla potenza vocale, di cui dispone ampiamente, e brillando particolarmente nel terzo atto. Vocalmente è stato molto pregevole e scenicamente la sua presenza è stata ottima.


Judit Kutasi, nel ruolo di Preziosilla, è stata molto brava, in particolare alla fine del terzo atto, delineando un personaggio vivace, supportato da un'orchestra ritmata e una vocalità eccellente e precisa negli acuti.


Nei panni del Marchese di Calatrava nella prima parte e poi del Padre Guardiano, Solomon Howard che è stato profondo e accurato nel fraseggio, anche se il registro grave non è sempre stato precisissimo nell'intonazione.


Patrick Carfizzi, nel ruolo di Fra Melitone, mi è sembrato ottimo, vocalmente attento e a tratti ironico nell'interpretazione.


Carlo Bosi, nei panni di Trabucco, ha brillantemente delineato il suo intervento nel terzo atto.


Completavano il cast Stephanie Lauricella (Curra), Christopher Job (Un alcade), Paul Corona (Un chirurgo).


La direzione del maestro Yannick Nezet-Seguin è risultata complessivamente pregevole, anche se non sempre coinvolgente. L'ouverture, iniziata con un tempo che inizialmente sembrava corretto, si è poi sviluppata in parti più lente e altre quasi frenetiche. La scena della battaglia nel terzo atto mi è sembrata poco compatta nella sezione degli archi e poco coinvolgente. Nonostante ciò, in altre parti si è notata la sua abilità di improntare un'interpretazione, riuscita o meno, ma che va oltre la semplice esecuzione. In conclusione, sebbene alcune dinamiche siano state interessanti, l'impressione è stata quella di un mancato coinvolgimento totale.


Le due masse del teatro newyorkese sono state eccellenti. Il coro è stato eccezionale, specialmente nel secondo atto, dimostrando grande coesione. Anche l'orchestra ha accompagnato molto bene l'azione scenica, con le sezioni degli ottoni che si sono distinte per un suono incisivo e intonato.


La regia di Mariusz Trelinski, che ha trasposto un'opera ambientata nel Settecento in un contesto contemporaneo, non mi ha affatto convinto. Il Marchese di Calatrava è stato trasformato nel Generale Calatrava, un aspirante dittatore la cui morte scatena una guerra apocalittica. L'idea potrebbe essere interessante nel primo atto, ma dalla seconda parte in poi la scenografia diventa confusa e difficile da seguire, aggravata forse dal continuo movimento rotatorio del palcoscenico. La scena di Preziosilla nel terzo atto, invece, l'ho trovata, non solo insignificante, ma anche brutta e volgare. Le ballerine con le calze a rete con le orecchie da coniglietta di Playboy, che tra l’altro nulla significano sul piano simbolico, non si possono (e non si dovrebbero) vedere in un'opera di Giuseppe Verdi (e non solo). 


Un'ultima osservazione: in questa produzione è stata fatta la scelta di eliminare la parte di Melitone "Toh, Toh! Poffare il mondo". Da appassionato, ritengo questa decisione ingiustificabile. Come ha sottolineato il maestro Muti nel suo recente concerto a Busseto: "Così come non si va nei musei a ritoccare le opere d'arte, non bisognerebbe modificare nemmeno le partiture di Verdi".


Nel complesso, lo spettacolo è stato pertanto solo in parte apprezzabile.

  • Instagram
  • Facebook

Powered and secured by Wix

bottom of page