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  • Lorenzo Giovati

Un Ballo in Maschera • Muti

Torino, Teatro Regio. 25 Febbraio 2024.

 

Domenica pomeriggio, al Teatro Regio di Torino, è andata in scena la terza rappresentazione di “Un Ballo in Maschera”.


Sul podio è salito il maestro Riccardo Muti, che si è distinto per la sua straordinaria profondità interpretativa e per l'attenzione scrupolosa dedicata ad ogni singola nota della partitura. Il Maestro Muti ha regalato al pubblico una direzione intimista, che ha saputo cogliere tutte le sfaccettature della complessa tessitura musicale. Ogni nota è stata restituita con una precisione straordinaria; ed ogni nota è stata scavata, grazie alla capacità unica del Maestro Muti di estrarre dal suono orchestrale tutte le sfumature emotive dell'opera. Le incisioni storiche di quest'opera dirette dal maestro, tra cui quella memorabile di Firenze, testimoniano la sua profonda conoscenza e la sua grande affinità con l'opera di Verdi, confermando la sua autorità nel repertorio verdiano e la sua capacità di interpretarlo con autenticità e passione. Ne sono state testimonianza, ma sono solo esempi, l’indugiando che il Maestro ha imposto, alla fine della prima scena del primo atto, dopo che Riccardo e il coro avevano cantato "Alle tre, alle tre!", e prima della ripresa della musica, che ha generato un effetto di sospesa attesa incredibile. Altrettanto splendidi sono stati il terzetto Ulrica, Amelia e Riccardo della seconda scena del primo atto e il duetto Amelia - Riccardo del secondo atto. La direzione, quindi, è stata un trionfo di rigore interpretativo e di sensibilità artistica e che ha confermato lo status del Maestro come uno dei più grandi direttori d'orchestra del nostro tempo.


Il palcoscenico è stato all’altezza dell’occasione.


In primis, il tenore Piero Pretti, nei panni di Riccardo, si è confermato un cantante vocalmente e interpretativamente valido. La sua emissione è sempre corretta e l'intonazione molto accurata. Eccellente è stato il duetto con Amelia nel secondo atto, così come l'aria Ma se m'è forza perderti nel terzo atto.


Lidia Fridmann, al suo debutto come Amelia, pur non disponendo di una colore vocale convenzionale per questo ruolo, è stata comunque eccellente nella tecnica e ineccepibile nell'intonazione. Nel complesso anche l'interpretazione è stata molto convincente, sebbene un poco algida e, in alcuni tratti, non pienamente accurata. Considerando il debutto e la sua giovanissima età, si possono perdonare certi dettagli.


Un altro debutto importante è stato quello di Luca Micheletti nei panni di Renato. Già annunciato malato fin dalla prima recita del 21 febbraio u.s., il baritono ha deciso, con estrema professionalità, di non abbandonare la produzione. Questo non ha assolutamente intaccato l'esito della sua performance artistica. Il baritono bresciano si è prodigato splendidamente nell'interpretare, come suo solito, il ruolo affidatogli. Il suo timbro è rimasto, nonostante l'indisposizione, bello ed estremamente elegante, solo a volte un poco meno aperto del solito e leggermente più forzato . Non impeccabili sono stati così i due acuti delle due arie principali di Renato: "Alla vita che t'arride" e "Eri tu che macchiavi quell'anima", compensati però da un'interpretazione sempre accuratissima e da una presenza scenica eccellente.


Alla Pozniak ha interpretato Ulrica con veemenza, disponendo anche di un mezzo vocale sontuoso. Non sempre però è stata impeccabile nell'intonazione, in particolar modo nel registro grave. Interpretativamente è stata comunque piacevole e corretta.


Damiana Mizzi ha presentato un Oscar molto calato nella parte, interpretativamente fresco e scherzoso, ma senza esagerazioni, forse anche perché non dispone di una voce eccessivamente potente, seppur corretta ed intonata.


Buoni sono stati anche i ruoli secondari interpretati da Sergio Vitale (Silvano), Daniel Giulianini (Samuel), Luca Dall'Amico (Tom) e Riccardo Rados (Un Giudice).


La regia di Andrea De Rosa è stata all'altezza del livello dello spettacolo. L'utilizzo di scene di fondo apparentemente classiche, che però si aprivano a metà per lasciare spazio ad altre scenografie più moderne, è stato un ottimo esempio di come si può innovare senza stravolgere o decontestualizzare lo spettacolo.


Ultime, ma non per importanza, le masse del Teatro Regio di Torino, che ho trovato veramente di altissimo livello, in particolar modo l'orchestra, che mi ha stupito per compattezza, volume e precisione in tutte le sezioni.


Gli applausi finali sono stati meritatamente calorosissimi.




 

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