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Carmen • Manacorda

  • Lorenzo Giovati
  • 6 mag 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Londra, Royal Opera House (in diretta al The Space Cinema). 1 Maggio 2024.

Prospera ormai da diversi anni la collaborazione tra The Space Cinema e la Royal Opera House, che consente a tantissimi spettatori, in diversi paesi, di assistere in diretta ad alcuni spettacoli del teatro londinese, con la (inevitabile) penalizzazione dell’intermediazione imposta dallo streaming, ma anche con il pregio di disporre di un visione confortevole, tra cui una resa audio e video eccellente. In questi giorni sono inoltre pervenute da Londra numerose novità, come la programmazione della prossima stagione operistica 2024/2025, che include un pregevole parterre di cantanti e di direttori italiani, e l'annuncio, giustificato come operazione di marketing, del cambio del nome del teatro, che diverrà da Royal Opera House a Royal Ballet & Opera.  


Nell’ambito della prossima stagione operistica, l'unico regista italiano presente rimane Damiano Michieletto, che ha firmato la nuova produzione di Carmen, andata in scena pochi giorni or sono. L'azione scenica, ambientata in una zona indefinita di una Spagna anni 70, rurale e caldissima, non si segnala per la sua novità, ma tende anzi a riproporre paradigmi scenici ed estetici già consolidati in altre esperienze del regista, non ultima quella, senza dubbio più personale e felice, di Cavalleria e Pagliacci, andati in scena, qualche anno fa, nel medesimo teatro. Le scene, comunque, ospitano l’evoluzione della storia di Carmen in modo discreto e appropriato, anche emotivamente, senza sovrapporvi, come in altre occasione è accaduto, storie diverse, non di rado estranee. Le regie di Micheletto non sono però mai scontate o banali, nemmeno quanto sembrano ripercorre i sentieri della rappresentazione ortodossa. Originale è stata infatti la scelta di far gravitare l’azione scenica   sulla figura, fisicamente presente in scena, della madre di Don José, che, nella storia di Bizet, gli impone l'arruolamento e il matrimonio con Micaëla e che costituisce, nell’evoluzione del personaggio e del suo canto, anche quando è solo una presenza evocata (ad esempio, nei racconti di Micaëla) il vero fattore di tormento, a livello di coscienza, tra le catene di una vita improntata ai valori oppressivi di una cultura rurale e gravosamente tradizionale e l’attrazione fortissima verso una vita libera da tali pastoie, dominata dai sentimenti, che trova in Carmen la personificazione. Si è così potuta avere, guardando lo spettacolo, una prospettiva di ascolto e di visione, insolita, ma anche molto fedele al libretto, che ha schiuso l’opera ad una più profonda comprensione. Unico limite, ma solo di gusto, è stata forse la scelta di trasformare la figura della madre, che nell’opera è solo una presenza immateriale, fonte di rimorsi, richiami e moniti, in una presenza fisica, un poco funebre, chiudendo ogni spazio metaforico, con l’esito, tra l’altro, di far assomigliare molto la madre di Don Josè alla madre di Compare Turiddu. Felicemente leggera è invece stata la scelta di usare la presenza dei bambini, non solo come fattore di movimento scenico, ma anche come strumento di collegamento tra le varie scene, tramite un uso molto lieve e spiritoso di grandi cartelli. Una regia, comunque, da vedere.   


Il fronte vocale ha registrato il trionfo della protagonista, interpretata benissimo da Aigul Akhmetshina, giovanissima, ma ormai giustamente affermata, cantante russa, che ha messo in mostra una voce bella, piena e sensuale in tutti i registri, supportata da un’intonazione sicura e solida e da ottima tecnica. La voce è stata poi messa al servizio di un’interpretazione convincente e straordinariamente matura, considerata anche la limitata esperienza dell’artista.  La famosissima aria "L'amour est un oiseau rebelle" è stata eseguita benissimo, soprattutto dal punto di vista interpretativo.


Al suo fianco ha brillato anche il Don José di Piotr Beczala, che in questo repertorio riesce a proiettare meglio la sua voce cristallina, rispetto ad altri, in cui ho avuto l'opportunità di ascoltarlo (ad esempio quello verdiano, come è accaduto nell’Aida salisburghese di qualche anno fa). Il suo fraseggio è eccellente, così come la sua interpretazione, che gli consente di dipingere un Don Josè, sempre tormentato, ma il cui carattere, anche vocale, si evolve con lo snodarsi della vicenda, speranzoso fino alla morte di Carmen, con qualche puntualissimo inserto malinconico. Nell'aria "La fleur que tu m'avais jetée" ha sapientemente giocato su sfumature e colori vocali, aggiunti ad un'interpretazione dolente, ma romantica, ottenendo un meritato consenso da parte del pubblico.


L'Escamillo di Kostas Smoriginas ha puntato tutto sulla baldanza vocale, potendo contare su una buona emissione e su un timbro tendenzialmente gradevole, ma il suo mezzo è parso non sufficientemente duttile laddove il personaggio era chiamato dall’azione scenica ad esprimere la sua componente amorosa e seduttiva, che ha ricevuto invece una risoluzione un poco “di maniera” e non del tutto convincente. L’interprete è stato però buono.  


Un'altra stella del cast è stata invece la Micaëla di Olga Kulchynska. La soprano, chiamata da Michieletto ad impersonare, anche esteticamente, il prototipo femminile opposto a quello di Carmen, la sposa ideale per la mamma, non per il figlio, ha dato prova di possedere un’ampia conoscenza del personaggio e ne ha offerto un'interpretazione dolente e sensibile. Scenicamente è stata poi eccellente.


Eccellenti sono state anche la Frasquita di Sarah Dufresne e la Mercédès di Gabrielė Kupšytė, nonché il resto del cast, completato da Blaise Malaba nel ruolo di Zuniga, Vincent Ordonneau (Remendado) e Pierre Doyen (Dancaïre).


Sul podio, il maestro Antonello Manacorda ha diretto molto  bene l’apprezzabilissima orchestra della Royal Opera House. La sua esecuzione è stata animata, viva, ma anche elegante, soprattutto nel preludio e nell'inizio del quarto atto. La scelta poi di alcuni tempi più contenuti e di dinamiche incentrate sul piano ha permesso alle melodie di fluire con delicatezza e morbidezza, specialmente nell'Entr'acte del secondo atto.


Le masse orchestrali e corali (preparate dal maestro William Spaulding) della Royal Opera House sono state eccezionali per qualità sonora e per compattezza.


Lo spettacolo ha ricevuto un eccellente riscontro di pubblico, culminato in una standing ovation, specialmente per Carmen, per Don Josè e per il maestro Antonello Manacorda.

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