Beethoven e Berlioz • Nézet-Séguin
- Lorenzo Giovati
- 2 set 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Salisburgo, Großes Festspielhaus. 29 Agosto 2024.
Dopo il suo recital della sera prima, Danil Trifonov è stato protagonista di un altro concerto, tenutosi sempre nel medesimo teatro la sera seguente. Questa volta, insieme al pianista russo sono saliti sul palco i magnifici Wiener Philharmoniker, guidati dalla bacchetta del maestro Yannick Nézet-Séguin.
Nella prima parte, il programma ha proposto il primo concerto per pianoforte e orchestra di Ludwig Van Beethoven. Fin dal primo movimento è emersa qualche criticità a conciliare il diverso stile del pianista e quello del direttore d’orchestra. E’ riemerso quindi il famoso dubbio che venne anche a Leonard Bernstein (e che esternò in un breve discorso davanti al pubblico prima dell’esecuzione) quando si trovò a dirigere un concerto per pianoforte e orchestra di Brahms insieme all’eclettico pianista Glenn Gould, ovvero “In a concerto, who is the boss?” (lett. In un concerto, chi è il capo?). Nel caso del concerto salisburghese, l’impressione riscontrata è che ognuno fosse il capo di sé stesso. Così come in Rachmaninov, Nézet-Séguin e Trifonov sono sempre riusciti a trovare un’intesa a dir poco perfetta, non è parso lo stesso per il loro Beethoven, che è invece risultato molto scisso tra la modernissima spigolosità di Trifonov (già emersa nel concerto della sera prima) e l’ottocentesco romanticismo di Nézet-Séguin. Migliore è stato invece il secondo movimento, reso più disteso da una scelta di tempi più dilatati da parte del maestro Nézet-Séguin, che ha anche finemente cesellato il suono orchestrale, rendendolo morbido, e così anche le dinamiche. Spumeggiante è stato poi il terzo movimento, ricco di dinamismo.
Il maestro Trifonov ha poi omaggiato il pubblico con l’esecuzione del Silver Fairy dal Dornröschen di Tchaikovsky, (in un arrangiamento Michail Pletnev). Gli applausi del pubblico sono stati comunque calorosi e meritati.
Dopo l’intervallo, il maestro Nézet-Séguin è ritornato sul palco per dirigere la sinfonia fantastica di Hector Berlioz. E lo ha fatto incontestabilmente molto bene.
Il primo movimento ha restituito efficacemente, sia la delicatezza di alcuni passaggi, sia la potenza di altri. Il secondo movimento, a tempo di valzer, non è stato così frenetico come spesso viene eseguito, ma è stato invece delicato e raffinato, con qualche appezzabile variazione di tempo. Il terzo movimento, la scena pastorale, è risultata poi lievissima grazie ai meravigliosi interventi dell’oboe (posizionato sulla balconata) e del corno inglese, che hanno dialogato esattamente come i due pastori che Berlioz ha sentito parlare e ha poi rappresentato in musica. Il maestro Nézet-Séguin ha proposto un’interpretazione classica e molto curata del movimento, in particolare nell’ultima parte. Successivamente ha invece eseguito con grande impeto e apprezzabile energia la Marche au supplice. La scelta di un tempo corretto e di dinamiche giustamente cadenzate ha contribuito a delineare un’ottima marcia, resa impeccabile dal magnifico suono dei Wiener Philharmoniker e da una coda assolutamente travolgente. L’ultimo movimento, reso con ritmi grotteschi e a tratti tetri (come nel caso del famosissimo Dies Irae), è apparso eccellente anche per la scelta di non concedere un eccessivo spazio alle pause, rendendolo quindi molto frenetico e teso fino alla fine.
I Wiener Philharmoniker hanno ovviamente suonato benissimo. In Beethoven hanno sfoggiato il loro magnifico ed unico suono viennese, morbido e rotondo, mentre in Berlioz sono stati molto più taglienti e luminosi. In particolare, nella Marche au supplice, sono stati impeccabili i violoncelli, i timpani e gli ottoni.
L’esecuzione di questa Sinfonia Fantastica è stata quindi, nel complesso, assolutamente eccellente, grazie all’ottima bacchetta del maestro Nézet-Séguin. Seppur impostata su un paradigma tradizionale, e che quindi non rimarrà memorabile per la sua netta differenza con le altre eccellenti esecuzioni che si possono sentire oggi, ha comunque brillato per la sua solidità interpretativa e per il suono luminoso e precisissimo dei Wiener Philharmoniker. Il consenso del pubblico è stato meritatamente entusiastico.