Hommage an Johann Strauss • Honeck
- Lorenzo Giovati
- 2 nov
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Vienna, Musikverein. 25 Ottobre 2025.
Dopo un concerto magnifico dei Wiener Philharmoniker, che da solo sarebbe bastato a celebrare un compleanno perfettamente riuscito per Johann Strauss II, la rassegna Johann Strauss 2025, ideata per celebrare i due secoli dalla nascita del re del valzer, ha proposto un secondo gala di compleanno, questa volta affidato ai Wiener Symphoniker, l’altra grande orchestra sinfonica viennese, che festeggia quest’anno i suoi 125 anni di attività. Il gala è stato affidatoalla direzione del maestro Manfred Honeck, musicista di profonda sensibilità straussiana e, non a caso, allievo del più grande interprete di questo repertorio: Carlos Kleiber.
Solo per dare la misura di quanto Vienna resti la vera capitale mondiale della musica classica, basta ricordare che, mentre al Musikverein si teneva questo concerto, il secondo del pomeriggio nella medesima sala, pochi isolati più in là, al Wiener Staatsoper, Adam Fischer dirigeva un pregevolissimo Così fan tutte.
Il programma del gala “Hommage an Johann Strauss” è apparso particolarmente ben concepito: non un doppione del concerto pomeridiano delle 15:30, più orientato verso la riscoperta di versioni alternative e di pagine rare, ma una sorta di “Concerto di Capodanno” anticipato, costruito attorno a brani celebri, con il comune denominatore della qualità altissima dell’orchestra e della direzione.
La serata si è aperta con l’Ouverture da Waldmeister di Johann Strauss II, pagina brillante e ricca di slancio, che Honeck ha reso con impeto contagioso e con tempi vividi, restituendo l’atmosfera di un gioioso turbine orchestrale. È seguito il Jubilee Waltz, eseguito di rado, ma intriso di quella grazia tipicamente viennese che Honeck ha reso flessuosa, con tempi rapidi, perfettamente calibrati e con un finale travolgente, in cui la comparsa dell’inno americano è stata trattata con lieve spirito ironico e con felice brillantezza ritmica.
Di grande interesse è stato il segmento dedicato alle prime esecuzioni assolute: le Three Dances di Max Richter e When the World Was Waltzing di John Williams, entrambe con la carismatica partecipazione della violinista Anne-Sophie Mutter, che, in stato di grazia, ha coniugato eleganza e virtuosismo in modo impeccabile. Le pagine di Richter, pur raffinate nella costruzione e nei giochi timbrici, non sono sembrate adattarsi del tutto allo spirito straussiano della serata: più introspettive, sospese tra minimalismo e lirismo, con un terzo movimento di particolare fascino ritmico, ma lontane dal mondo del valzer. Al contrario, la partitura di Williams si è rivelata un autentico omaggio a Strauss, intessuta su una trama di tre quarti scintillante, quasi cinematografica, che ha entusiasmato il pubblico e trovato in Honeck un interprete perfettamente consapevole della sua leggerezza.
La seconda parte del gala si è invece aperta con l’Ouverture da Der Zigeunerbaron, una delle pagine più ispirate di Strauss, in cui la direzione di Honeck ha coniugato precisione e slancio, trovando un equilibrio luminoso tra la brillantezza dei fiati e la morbidezza degli archi. La successiva Éljen a Magyar è stata un piccolo capolavoro di energia e di vitalità: tempi serrati, ritmi impetuosi e un finale scoppiettante, con l’“Éljen!” gridato dagli orchestrali, che ha acceso la sala. Nel Wiener Blut Walzer, Honeck ha invece mostrato il suo lato più elegante, dilatando i tempi e lavorando sul respiro della frase, quasi a evocare la grazia fluttuante di un valzer che si espande nello spazio. Dopo tanta vitalità orchestrale, l’ingresso del Coro dei Wiener Sängerknaben ha introdotto una dimensione diversa: quella della freschezza. Nelle tre pagine affidate alle voci bianche, il Banditen-Galopp, la polka francese Sängerluste la celebre Tritsch-Tratsch-Polka, Honeck ha smorzato l’impeto per cedere il passo alla leggerezza e alla spontaneità dei piccoli cantori, che hanno eseguiti i brani con rara precisione e con una gioia contagiosa.
A chiudere il programma ufficiale, un Kaiser-Walzer sontuoso, trattato con nobiltà di fraseggio e una progressione costruita con sapienza. Come bis, Anne-Sophie Mutter è tornata sul podio per una Czárdás dal Fledermaus scintillante, eseguita con la consueta classe e una brillantezza tecnica irresistibile.
I Wiener Symphoniker hanno offerto una prova di altissimo livello: suono radioso, archi di mirabile compattezza, legni espressivi, ottoni impeccabili, percussioni precise, anche se a tratti forse un poco eccessive nel colore dei piatti. Una prestazione di grande compattezza e chiarezza, capace di rivaleggiare con quella dei Philharmoniker nel concerto pomeridiano, ma con un’identità del tutto diversa.
Honeck ha dato vita a uno Strauss pieno di slancio, vigoroso, festoso, persino teatrale, lontano dal tono salottiero e levigato di Tugan Sokhiev nel concerto di poche ore prima. Se Sokhiev aveva privilegiato l’eleganza formale e la purezza del suono, Honeck ha scelto la via dell’entusiasmo, dell’energia, del ballo travolgente. Due visioni complementari: una più aristocratica, l’altra più popolare e vitale.
Il risultato è stato un concerto altrettanto storico, non inferiore per qualità, ma diverso per spirito: un inno all’ebbrezza del valzer viennese, restituito con una direzione ardente, perfettamente controllata e irresistibilmente viva.














