Beethoven Sinfonia 9 • Abbado
- Lorenzo Giovati
- 1 gen
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Aggiornamento: 5 gen
Parma, Auditorium Paganini. 31 Dicembre 2024.
Concludere l’anno con la Nona Sinfonia di Beethoven è una scelta che si inserisce in una tradizione consolidata e profondamente simbolica. Al centro del programma del concerto di fine anno della Filarmonica Toscanini, diretta dal maestro Roberto Abbado, l’opera monumentale del genio di Bonn ha risuonato all'Auditorium Paganini di Parma il 31 dicembre, per poi trovare replica il primo giorno del nuovo anno, in perfetta sintonia con l’usanza viennese di salutare l’anno vecchio sotto il segno di una delle più belle composizioni di tutti i tempi.
La direzione d'orchestra del maestro Roberto Abbado è stata sicuramente il baricentro della riuscita del concerto. Grazie alla sua solidità impostazione esecutiva, il maestro Abbado ha saputo offrire una lettura coerente e ben costruita della Nona sinfonia. Forte una chiara visione interpretativa, ha guidato la Filarmonica Toscanini con precisione, curando le dinamiche e mantenendo una tensione drammatica costante. Tuttavia, nonostante la riuscita generale, alcune scelte interpretative hanno suscitato qualche perplessità, specialmente per quanto riguarda il terzo movimento, come si spiegherà.
Il primo movimento (“Allegro ma non troppo, un poco maestoso”) è risultato particolarmente efficace. Il maestro Abbado è riuscito a costruire una tensione palpabile, introducendo il tema iniziale con un crescendo graduale e ben controllato, capace di catturare subito l’attenzione del pubblico. Si è rivelata impeccabile la gestione degli archi, capaci di un fraseggio nitido e ben definito, mentre gli ottoni hanno mantenuto un registro sobrio e incisivo. Il risultato è stato un primo movimento ricco di slancio e drammaticità.
Nel secondo movimento (“Molto vivace”), la direzione ha brillato per la scelta di un tempo calibrato e di un ritmo ottimamente cadenzato, che hanno conferito vitalità al movimento. Gli accenti degli archi nella prima parte sono stati particolarmente curati, esaltando il carattere ritmico, senza perdere fluidità. La sezione centrale, con le sue sfumature più leggere, è stata anch’essa ben articolata. Questo movimento è stato, forse, uno dei punti più alti della serata.
Il terzo movimento (“Adagio molto e cantabile”) rappresenta sempre una sfida interpretativa per qualsiasi direttore, e il maestro Abbado non ha fatto eccezione. La scelta di un tempo veloce ha influenzato profondamente il carattere del movimento, togliendogli in parte quella dimensione contemplativa che ne costituisce l’essenza ed il grande pregio. Questo “Adagio” dovrebbe fungere da ponte tra l’intensità drammatica dei primi due movimenti e la grandiosità del finale, ma in questa interpretazione, come in quella di tanti altri (anche grandi) direttori, è mancata quella sospensione temporale che consente all’ascoltatore di immergersi completamente nella profondità emotiva della partitura. Nonostante ciò, va riconosciuta la cura estrema posta dal maestro Abbado nel fraseggio, che ha conferito fluidità alla melodia e una certa coerenza alla struttura generale. Le dinamiche, benché ben calibrate, non sono riuscite a compensare la mancanza di un respiro più ampio, lasciando il movimento privo della sua tipica qualità introspettiva.
Il quarto movimento (“Presto – Allegro assai”) è stato invece condotto con grande sicurezza, confermandosi come un momento di forte impatto emotivo. Il celebre “Inno alla gioia” è stato introdotto con un senso di attesa attentamente costruito, anche se il tempo scelto è parso leggermente troppo veloce. Le dinamiche, tuttavia, sono state ben calibrate, e l’interazione tra le diverse sezioni orchestrali ha mostrato un livello di coesione notevole.Molto alto è infine stato il tono esecutivo generale.
Eccellenti sono stati gli interventi dei solisti coinvolti. Il basso Luca Tittoto ha esordito con sicurezza e con un’ottima intonazione, dimostrando padronanza e presenza vocale. Successivamente, il tenore Santiago Sanchez ha offerto una prova lodevole, caratterizzata da una voce gradevole e ben modulata. Tra le voci femminili, il soprano Veronica Marini ha spiccato per una vocalità raffinata e intonata, sebbene in alcuni passaggi, probabilmente per l’emozione, la proiezione vocale sia risultata leggermente indebolita, generando una percezione di lieve incertezza. Di rilievo anche la performance del mezzosoprano Olivia Vote, che ha mostrato una solida tecnica e un timbro morbido.
Sempre eccellente è stato il Coro del Teatro Regio di Parma (preparato dal maestro Martino Faggiani), che ha ancora una volta mostrato le sue caratteristiche peculiari, quali coesione, volume e qualità del suono.
La Filarmonica Arturo Toscanini, schierata sul palco con un organico decisamente nutrito, ha suonato con precisione, dimostrando un'ottima coesione tra le sezioni. La sezione dei fiati, in particolare, si è distinta per qualità sonora.
In conclusione, la Nona Sinfonia di Beethoven, sotto la direzione del maestro Roberto Abbado, ha rappresentato una chiusura d’anno ricca di significato, che ha meritato i numerosi applausi del pubblico, molto partecipe: fin troppo, viene da scrivere, tanto da non riuscire a frenare applausi tra un movimento e l’altro della sinfonia, così da turbare, sia la musica, sia l’atmosfera solenne dell’esecuzione.