Schubert e Bruckner • Muti
- Lorenzo Giovati
- 28 feb
- Tempo di lettura: 4 min
Milano, Teatro alla Scala. 25 Febbraio 2025.
Dopo il trionfale concerto dell'anno scorso, che lo aveva visto protagonista dell'ultima tourneè come direttore artistico della Chicago Symphony Orchestra, il maestro Riccardo Muti è tornato (accolto da un fragoroso "Bravo!" alla sua prima uscita) al Teatro alla Scala di Milano, questa volta alla guida di un'orchestra europea: i Wiener Philharmoniker. Il rapporto tra l'orchestra viennese e il maestro Muti è nato più di cinquant'anni fa e si è consolidato nel tempo, producendo numerose incisioni discografiche, oltre alla direzione, per ben sette volte (tra cui l'edizione di quest'anno), del prestigiosissimo Concerto di Capodanno.
Franz Schubert è senza dubbio il sinfonista per eccellenza del repertorio viennese, oltre che un autore particolarmente apprezzato dal maestro Muti, che ne ha inciso l'integrale delle sinfonie proprio con i Wiener Philharmoniker, su richiesta dell’orchestra stessa, convinta della straordinaria qualità della sua interpretazione. Proprio da Schubert ha preso avvio il concerto scaligero, con l’esecuzione della Sinfonia n. 4, la Tragica. Essendo trascorsi molti anni dalle sue precedenti letture, l’approccio del maestro Muti appare mutato, soprattutto in termini di brillantezza esecutiva e di agilità dei tempi, senza tuttavia avere smarrito quel fascino che solo una grande bacchetta sa imprimere a una partitura tanto affascinante, quanto insidiosa (sia per l’esecutore, che per l’ascoltatore, se non resa con la dovuta cura). La direzione, seppur in alcuni punti leggermente dilatata, si è rivelata estremamente raffinata e godibile. Particolarmente riusciti sono stati il secondo movimento, reso con un lirismo avvolgente e un’ottima cantabilità e il terzo movimento, restituito con ottimo tempo e con dinamiche variate. Ottima è stata anche l’esecuzione del finale, ben marcato e condotto con un tempo assai felice. La chiarezza del disegno orchestrale ha permesso di valorizzare il carattere a tratti tempestoso, ma soprattutto melodico, della scrittura schubertiana. L’insieme ha così restituito un’interpretazione di grande nobiltà, in cui la coerenza stilistica e il controllo delle dinamiche hanno dato vita a una lettura misurata e rigorosa, ma al contempo vibrante e ricca di tensione espressiva. La capacità di far emergere con naturalezza il fluire melodico, senza sacrificare la solidità della partitura, ha fatto do questa esecuzione un esempio di raffinato equilibrio interpretativo.
La seconda parte del concerto ha invece gravitato attorno a un altro capolavoro sinfonico dalle dimensioni ben più imponenti: vale a dire la Sinfonia n. 7 di Anton Bruckner, una partitura che il maestro Muti aveva già affrontato con i Wiener Philharmoniker al Festival di Salisburgo. Dopo l’esecuzione della Sinfonia n. 8 il 15 agosto scorso, sempre a Salisburgo, prosegue dunque l’esplorazione del repertorio bruckneriano in questa fase matura della carriera del maestro Muti, il quale continua a offrire interpretazioni di altissimo livello. Ciò che maggiormente colpisce nel suo approccio a Bruckner è la straordinaria capacità di ottenere dall’orchestra un suono imponente, ma anche scolpito con minuziosa precisione, denso e avvolgente. Il risultato è una massa sonora che si espande con coesione e con rigore, travolgendo l’ascoltatore e immergendolo pienamente nella potenza espressiva di questa musica. La gestione delle stratificazioni timbriche, caratteristica essenziale dello stile bruckneriano, si è rivelata particolarmente efficace: ogni sezione orchestrale è stata sempre perfettamente bilanciata, con gli ottoni maestosi, e le architetture sonore sono state costruite con grande lucidità formale. Quello del maestro Muti è un Bruckner monolitico, con melodie che si sviluppano secondo un processo di reiterazione caratteristico del compositore, ma che sotto la sua bacchetta non risultano mai statiche o ridondanti, bensì progressivamente costruite. Il primo movimento, che si apre con l’ostinato dei violini, è stato reso con intensa drammaticità, trasformandosi progressivamente in una narrazione sonora di straordinaria ampiezza. L’interpretazione del maestro Muti ha restituito con chiarezza la monumentalità della scrittura bruckneriana, mantenendo però sempre un saldo controllo delle tensioni. Il secondo movimento, Adagio, si è distinto per il lirismo struggente con cui è stato cesellato. Il maestro Muti ha privilegiato un’esecuzione dal respiro ampio e solenne, valorizzando le arcate melodiche con un’intensità emotiva profonda e senza forzature. L’orchestra ha restituito un suono pieno e morbido, con gli archi capaci di creare una trama sonora di grande suggestione. Nel terzo movimento, Scherzo, l’approccio del maestro Muti è risultato leggermente più controllato. Il tempo adottato, pur solido, ha smorzato in parte l’effetto di irruenza che caratterizza questa pagina, con dinamiche poco presenti e non particolarmente significative. Sono forse mancati i bruschi crescendo e gli squilli di tromba incisivi che rendono questo Scherzo una delle pagine più vibranti ed energiche della sinfonia. La sensazione è stata quella di un movimento ben eseguito, ma moderatamente impetuoso. Il Finale, invece, è apparso di grande impatto per la compattezza e il vigore strutturale. La gestione delle masse sonore è stata impeccabile, con un crescendo di tensione che ha trovato il suo culmine in un epilogo maestoso e solenne. Qui il maestro Muti ha dato prova del suo pieno dominio dell'orchestra, facendo emergere la maestosità del linguaggio bruckneriano senza mai perdere la chiarezza del disegno formale. Se da un lato l’interpretazione ha confermato l’assoluto controllo del maestro Muti sulla scrittura sinfonica di Bruckner, dall’altro lato, il lavoro sulle dinamiche non ha raggiunto la stessa incisività di quello sul suono orchestrale. L’esecuzione nel suo complesso si è imposta per autorevolezza, coerenza stilistica e forza evocativa, ribadendo ancora una volta la profondità della visione bruckneriana del maestro Muti.
I Wiener Philharmoniker si sono rivelati semplicemente straordinari, confermando ancora una volta la loro posizione d’élite tra le migliori orchestre al mondo. Gli archi, di una coesione impeccabile, hanno sfoggiato un suono vellutato e luminoso, plasmando le frasi musicali con fluidità e morbidezza. Gli ottoni, possenti e perfettamente bilanciati, hanno saputo coniugare potenza e profondità timbrica, avvolgendo l’intera sala con un suono imponente. L’intera orchestra ha risposto con incredibile prontezza e grande sensibilità al gesto del maestro Muti, dimostrando un affiatamento assoluto e una padronanza tecnica ammirevoli. Ogni sezione ha brillato per precisione, ricchezza timbrica ed espressività, contribuendo a un’esecuzione di altissimo livello, in cui l’equilibrio tra imponenza sonora e raffinatezza del dettaglio ha raggiunto vette di assoluta eccellenza.
Come si poteva prevedere, al termine di un'esibizione da ricordare, il pubblico ha tributato al mastro Muti un'ovazione prolungata con qualche richiesta di Bis, che il maestro Muti ha smorzato grazie ad una felice, quanto conclusiva, battuta: "Fare un bis dopo la settima di Bruckner è una volgarità!" e poi ha aggiunto: "Siccome non sono il direttore che conta i minuti di applausi, vi salutiamo e domani partiamo per New York!", dove la tourneè dei Wiener Philharmoniker continuerà con altri tre concerti, che saranno sicuramente indimenticabili come questo.