Mozart Requiem • Guggeis
- Lorenzo Giovati
- 7 lug 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Milano, Teatro alla Scala. 3 Luglio 2024.
Oltre alla Turandot di Giacomo Puccini, il maestro Daniel Harding avrebbe dovuto dirigere al Teatro alla Scala di Milano il Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart, altro capolavoro, anch’esso incompiuto. Il maestro inglese, impossibilitato a dirigere, è però stato anche in questo caso sostituito, come già era avvenuto con il maestro Michele Gamba nella Turandot. Sul podio, in sua vece, è salito il maestro Thomas Guggeis, giovanissimo talento, già fattosi apprezzare nella recente produzione scaligera de Il Ratto dal Serraglio, sempre di Mozart.
Il Requiem di Mozart è una partitura che è stata esplorata da molti, ed anche grandi direttori, ed è, pertanto, stata consegnata alla storia ed alla discografia, tramite una nutrita serie, molto variegata, di possibili interpretazioni, da quella classica Karl Bohm, a quella più spirituale di Carlo Maria Giulini, sino a quella, innovativa e drammatica, di Teodor Currentzis, recentemente apprezzata nel tour italiano del direttore greco, prima a Torino e poi a Bologna.
Anche in questa proposta scaligera la direzione è stata sicuramente il baricentro della serata. Il maestro Guggeis ha offerto una lettura molto curata e non eccessivamente votata ad esasperare la componente spirituale della partitura. Il direttore tedesco, a soli 31 anni, si è confermato già in possesso di una personalità artistica formata e di un’ottima capacità di controllare l'orchestra, senza perderne mai di vista alcuna sezione. Il suo gesto, senza bacchetta, è chiaro e nitido, soprattutto negli attacchi e nel suggerimento delle dinamiche, che definisce con maestria. Ha poi mostrato una notevole abilità nel bilanciare le varie sezioni orchestrali, mantenendo sempre un equilibrio sonoro impeccabile. La sua interpretazione, sebbene non sia stata particolarmente innovativa, fors’anche perché non è ancora il frutto maturo di una definita e personale idea della partitura mozartiana, tale da lasciare un segno significativo nel complesso panorama interpretativo di cui si è scritto, si è comunque contraddistinta per il rigore tecnico e per la grande attenzione ai dettagli. La scelta di non enfatizzare eccessivamente, né la componente spirituale, né quella romantica o barocca, ha generato una lettura classica e sobria, caratterizzata da una precisione esecutiva molto apprezzabile. Anche le pause e alcuni rallentandi sono stati eseguiti con maestria, conferendo ampio respiro al discorso musicale e non di rado trasmettendo la sensazione di una serena accettazione della morte, come avviene nei requiem cosiddetti elegiaci, secondo la classificazione di Mila. Un altro sintomo di assoluta precisione agogica sono state le pause che il maestro Guggeis ha scelto di evidenziare tra una sezione e l'altra. La direzione di Guggeis ha quindi garantito, pur con i pregi ed i limiti connessi alla limitata esperienza, una serata di alta qualità musicale.
Anche la componente vocale è stata pregevolissima.
Vi ha primeggiato la voce rotonda e scura della giovanissima e talentuosa soprano Juliana Grigoryan, la quale ha messo in mostra un mezzo vocale splendidamente controllato, in ogni settore, oltre che perfettamente intonato, che le ha consentito di interpretare con grande sensibilità emotiva i vari passaggi della non facile partitura mozartiana. La sua capacità di modulare la voce con delicatezza, e a tratti con potenza, a seconda delle esigenze del brano, le ha consentito di far emergere, non solo la sua maestria vocale, ma anche una profondità interpretativa non scontata per un'artista così giovane.
Non da meno è stato anche il suo contrappunto maschile, ovvero il bravissimo tenore Giovanni Sala, che ha fornito una prestazione eccellente per l'ineccepibilità della linea vocale, la sicurezza dell’intonazione e l'espressività del fraseggio. La sua performance è stata quindi nell'insieme molto convincente. Sala ha saputo trasmettere con grande intensità emotiva ogni sfumatura dei brani eseguiti, sia quando essi richiedevano una voce potente, sia quando proponevano passaggi più delicati, dimostrando un'ottima maturità artistica.
Di ottimo livello è stata anche il mezzosoprano Cecilia Molinari, soprattutto nel "Recordare". La sua voce calda e ricca, messa al servizio di un’interpretazione molto accurata, unitamente ad una tecnica vocale ottima e ad un fraseggio raffinato, hanno reso la sua esibizione molto apprezzabile.
Solida, anche se non ineccepibile, è stata infine la prestazione artistica del basso Adam Plachetka, la cui voce robusta e potente non è però andata esente da quel qualche vibrato, a volte eccessivo.
Ultimo, ma non per importanza, è stato infine il coro del Teatro alla Scala (preparato dal maestro Alberto Malazzi), che, come è risaputo, possiede un velluto sonoro splendido e una compattezza straordinaria. A differenza di altre pregevolissime performances, il coro ha però presentato, soprattutto nel comparto femminile, qualche vibrato un poco troppo percepibile. Nel Sanctus però è emersa tutta la potenza di questo insieme di splendidi musicisti.
La serata è stata un trionfo meritato per tutti. Il risultato è stato quello di un Requiem ben fatto, anche se non indimenticabile.