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Messa da Requiem • Harding

  • Lorenzo Giovati
  • 27 ott 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Roma, Basilica di San Paolo Fuori le Mura (in diretta su Stage+). 23 Ottobre 2024.

All'interno della settimana dedicata all'apertura della stagione 2024/2025 dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, con una Tosca all'Auditorium del Parco della Musica di Roma, è stata offerta al pubblico romano un'esecuzione molto suggestiva della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, all'interno della splendida Basilica di San Paolo Fuori le Mura. Il concerto, iniziato con più di un quarto d'ora di ritardo, ha visto coinvolte le forze ceciliane, quindi Coro e Orchestra, preparati rispettivamente dal maestro Andrea Secchi e Daniel Harding, quest'ultimo già impegnato nella Tosca di cui sopra.


Della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, si è già sviscerato quasi ogni aspetto, eppure, ogni esecuzione ne riesce ad evidenziare costantemente nuove sfumature, riuscendo sempre a sorprendere anche gli ascoltatori più esperti. La potenza emotiva e la profondità spirituale di questa composizione sembrano inesauribili, rinnovandosi ad ogni ascolto e offrendo sempre nuove chiavi di lettura. L'interpretazione del maestro Daniel Harding ha confermato una profonda comprensione della complessa partitura verdiana, offrendo una lettura molto classica, ma allo stesso tempo curata nei minimi dettagli. Ogni passaggio è stato reso con una precisione meticolosa, mantenendo una coerenza stilistica che ha evitato di cadere in eccessi teatrali, restituendo invece l’equilibrio tra solennità liturgica e drammaticità. Harding ha saputo dosare i momenti di grande intensità con quelli di più intima riflessione, tenendo sempre viva una costante tensione, che ha attraversato l’intera esecuzione. Il "Dies Irae", una delle sezioni più potenti e celebri del Requiem, è stato eseguito con un'energia eccellente. L’orchestra ha saputo evocare la furia e la maestosità del Giudizio Universale, con una precisione ritmica e dinamica molto intensa, amplificata anche dal riverbero della chiesa, conferita dai timpani e dagli squilli di trombe. Ma la Messa da Requiem non è solo forza e drammaticità: è anche riflessione, preghiera, abbandono. E Harding ha saputo cogliere questi momenti di raccoglimento, come nel delicato "Agnus Dei" e nel "Libera me", restituendo tutta la dolcezza e la speranza che, in Verdi, convivono accanto al timore del divino.


Di grande qualità è risultato anche il comparto vocale, con il basso Roberto Tagliavini in primo piano. Oltre a un’intonazione impeccabile, ha dimostrato una comprensione profonda del precetto verdiano secondo cui “la messa non si canta come un’opera”. La sua interpretazione ha saputo quindi esprimere emozioni come l’inquietudine e il timore, intensificando il carattere liturgico della resa finale. La linea vocale, precisa e curata nei minimi dettagli, ha rivelato un controllo notevole del mezzo e una raffinata linea espressiva. L’esecuzione del basso parmigiano è stata quindi perfetta in ogni aspetto.


Il tenore Charles Castronovo, possedendo una linea ben aperta e un mezzo vocale decisamente molto potente, ha optato a tratti per una resa più teatrale, accentuando l'enfasi drammatica di alcune frasi. Questo approccio, emerso soprattutto nell'Ingemisco e nell'Hostias, ha rischiato a tratti di far perdere quella dimensione più intima e riflessiva che caratterizza la partitura verdiana. La sua voce, indubbiamente sicura, non ha incontrato difficoltà tecniche, ma è mancata a tratti di sottigliezza espressiva che avrebbe potuto rendere la sua interpretazione maggiormente adatta al contesto liturgico. Castronovo ha comunque dimostrato una notevole padronanza vocale, anche se non sempre è riuscito a controllare appieno la potenza del suo mezzo.


Il fronte femminile è stato ottimo.

Il soprano Masabane Cecilia Rangwanasha, già distintasi nelle precedenti esecuzioni del Requiem di Verdi con Sir Antonio Pappano, sia a Roma che a Salisburgo, ha confermato nuovamente la qualità indiscutibile del suo strumento vocale. La sua voce si distingue per una potenza notevole, un timbro caldo e rotondo, e una pregevole precisione nell'intonazione, che le permettono di affrontare senza esitazioni le frasi più impegnative della partitura. Tuttavia, nonostante queste capacità, nel difficile "Libera me, Domine" sono emerse alcune fragilità. In particolare, nella seconda parte del brano, il "Requiem aeternam", si sono verificate delle sovrapposizioni con il coro che hanno portato ad una temporanea perdita di intonazione e l'acuto conclusivo, sebbene raggiunto, ha richiesto uno sforzo percepibile, manifestando una certa tensione vocale. Al netto di queste piccole difficoltà, la sua esecuzione resta di alto livello, grazie alla qualità del timbro e alla sua ottima interpretazione, notevole per un'artista così giovane. Sicuramente, il progredire della sua carriera artistica e il conseguimento di una maggiore maturità vocale, le consentiranno di raggiungere una resa ancora migliore.


Anche il mezzosoprano Yulia Matochkina ha offerto una prova di grande spessore, mostrando la qualità del suo strumento vocale, che si distingue per la rotondità e la profondità di timbro. La sua interpretazione è stata caratterizzata da una cura appropriata per le sfumature espressive. Ogni suo intervento è stato puntuale e sempre al servizio del fraseggio musicale, con un'eccellente padronanza della linea vocale che ha mantenuto una coerenza notevole in tutta l'esecuzione. Particolarmente degno di nota è stato il suo apporto nel duetto con il soprano nel "Recordare", dove le voci di Matochkina e Rangwanasha si sono fuse con grande armonia.


Sul fronte orchestrale, l'Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, nonostante la difficile acustica della Basilica, ha comunque sfoggiato un suono nitidissimo e coeso. L'unico difetto (se così si può definire), è comparso nel Dies Irae in cui la grancassa ha battuto il primo colpo in anticipo. La sezione degli ottoni, rotonda e precisa, è stata ottima.


Ultimo, ma non per importanza, il Coro dell'Accademia di Santa Cecilia, preparato magistralmente dal maestro Andrea Secchi, ha offerto una prestazione impeccabile. La familiarità con la Messa da Requiem si è tradotta in una padronanza assoluta della partitura, che il coro ha eseguito con grande sicurezza. Tuttavia, nonostante l'esperienza, non è mai caduto nella routine: ogni intervento è stato carico di tensione e dinamismo, dal "Dies Irae" possente e travolgente fino ai momenti più lirici come il "Lacrimosa".


L'esecuzione è stata quindi eccellente, facendo ben sperare per gli anni che il maestro Harding trascorrerà a Roma.

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