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Beethoven Sinfonia 9 • Chailly

  • Lorenzo Giovati
  • 11 mag 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Milano, Teatro alla Scala. 7 Maggio 2024

A distanza di sei mesi esatti da un’altra importantissima ricorrenza milanese (il 7 Dicembre dell’inaugurazione), il teatro più prestigioso d’Italia non poteva certo mancare alla “chiamata” mondiale per ricordare i duecento anni dalla prima esecuzione del capolavoro sinfonico per eccellenza: la nona sinfonia di Ludwig Van Beethoven. Infatti, mentre al Piermarini il maestro Riccardo Chailly dirigeva la sinfonia, lo stesso stavano facendo a Vienna il maestro Riccardo Muti con i Wiener Philharmoniker, il maestro Andris Nelsons a Lipsia con l’orchestra del Gewandhaus, il maestro Klaus Mäkela a Parigi con l’Orchestre de Paris, il maestro Petr Popelka sempre a Vienna con i Wiener Symphoniker e chi sa quanti altri in giro per il mondo. Il teatro milanese era gremito di persone che addirittura affollavano in piedi il piccolo spazio che precede l’ingresso in platea dal foyer.


L’esecuzione è stata dominata dalla acutezza e dalla profondità del maestro Chailly.


Il primo movimento, disegnato su tempi prevalentemente rapidi, ha coinvolto l'ascoltatore in avventure sonore profonde e tormentate. La scelta dei tempi, basata su un suono degli archi compatto e profondo, ha consentito, nel momento di massima tensione del movimento (che si trova proprio nel mezzo), alla melodia di irrompere con ancora più impeto e maestosità. La ricapitolazione dei temi principali è stata all'altezza del movimento e la coda finale è stata travolgente, proprio come deve essere una vera e propria marcia funebre.


Il secondo movimento (Molto vivace), anch'esso impostato su tempi tendenzialmente rapidi, è iniziato con i due asciutti colpi di violino e le tre perentorie note dei timpani. Gli archi sono poi stati precisissimi nell'articolazione e nei passaggi di ottava. Nel passaggio subito successivo, il maestro Chailly ha poi deciso di non caricare le sezioni di fiati e corni con un suono troppo muscolare, ma di lasciarlo lieve e affidato prevalentemente ai violini. Per tutta la durata del movimento i timpani, gestiti dal maestro Andrea Bindi, sono stati puntuali, precisi e ben marcati. Le dinamiche di tutto il movimento sono poi state vivaci ed eleganti. La scelta di eliminare quasi del tutto i rallentandi e di allungare le pause ha conferito al movimento ancora più impeto. Il trio centrale è stato impeccabile, soprattutto grazie ai corni, dal suono rotondo e intonato.


Il terzo movimento (Adagio molto e cantabile), è stato un trionfo di emozioni. Il tema è stato esposto con delicatezza, trasporto e con una distesa cantabilità (indicazione presente nel titolo, ma che molti direttori spesso trascurano) dagli archi, che hanno sfoggiato un suono vellutato e vibrante, oltre ad accenti ben disposti e ben marcati. I fiati hanno poi contributo a riconfermare la cantabilità del movimento nella ripresa variata del tema principale. Anche nei momenti di maggiore concitazione, il maestro Chailly non ha mai perso il controllo di ciò che stava eseguendo, perciò la fanfara è apparsa perfettamente in sintonia con il movimento. L'assolo del corno è stato eccellente, così come alcuni sporadici chiaro-scuri di intensità disposti dal maestro Chailly.


Il quarto movimento (Presto), il più celebre della sinfonia e il più bello della serata, ha infine evidenziato perfettamente come il tono dell'esecuzione sia stato sempre crescente dall'inizio alla fine. All'inizio del movimento i violoncelli sono stati impeccabili, ma lo sono stati ancora di più nell'introduzione del tema dell'Inno alla Gioia. Il maestro Chailly è riuscito a ricavare un suono profondo e lontano, culminato in un'esplosione trionfale affidata in larga parte alle trombe (che hanno ripreso il tema dei violoncelli) e ai violini.

Anche in questo caso, la scelta di non fermare i due colpi di timpani che precedono l'Inno e in generale di far durare pochissimo le pause, ha conferito al movimento un senso di costante progresso.


Le voci soliste Olga Bezsmertna (Soprano), Wiebke Lehmkuhl (Mezzosoprano), Benjamin Bruns (Tenore) e Markus Werba (Baritono), sono state perfettamente all'altezza della serata e in totale sintonia con l'orchestra e il coro, benché posizionati dietro l'orchestra e quindi un poco penalizzati.


La marcia, rapida nei tempi, sopraggiunta dopo un meraviglioso e lungo fortissimo di orchestra e coro, è stata poi ritmata ed efficace nel trasporto emotivo (grazie anche alla pregevolissima interpretazione del tenore Benjamin Bruns), così come il meraviglioso fugato. L'esplosione gioiosa del coro che riprende il tema dell'inno e il testo dell'ode di Schiller è stato senza alcun dubbio il momento culminante della serata (nonché quello più atteso da tutti). Il coro del Teatro alla Scala, preparato molto bene dal maestro Alberto Malazzi, è stato eccellente, soprattutto la sezione femminile.


I tempi che hanno poi condotto il movimento verso il finale sono stati più lenti, permettendo al coro di entrare in perfetta sintonia con corni, trombe e tromboni. Il finale, preceduto da un meraviglioso momento dedicato ai solisti, è stato più serrato nei tempi. Il maestro Chailly si è concentrato con maestria su piatti e timpani, conferendo al finale un'atmosfera festosa.


L'orchestra del Teatro alla Scala è stata eccellente per compattezza (soprattutto dei contrabbassi), oltre che per un suono preciso e rotondo.


Il tono esecutivo di tutta la rappresentazione è stato eccelso. Il maestro Chailly ha comprovato, non solo di saper interpretare la sinfonia, ma anche di riuscire a comprenderne a fondo in senso umano e musicale. Il concerto è stato un successo trionfale, culminato in un'interminabile ovazione dalla durata di dieci minuti.


Il maestro Riccardo Chailly e gli interpreti sono stati quindi ineccepibili nell’onorare un così importante avvenimento, legato ad una sinfonia fondamentale, stupefacente, rivoluzionaria e intramontabile.




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